I racconti della «sedia rossa» che fanno turismo e comunità

di Manuela Crepaz

Tra le novità dell’estate 2019 un plauso per originalità, valore aggregativo e, non ultimo, turistico, va alla sedia rosso brillante comparsa nelle canisele di Mezzano, con un campanello tintinnante sulla seduta. Di legno, impagliata a mano, segno distintivo di quella manualità artigianale e capacità di arrabattarsi con poco che ha caratterizzato la vita di un tempo, è stata protagonista nel borgo da fine giugno a fine settembre e tornerà a Natale.

Compariva nei luoghi più caratteristici del centro storico durante i fine settimana: ci si poteva sedere e suonare la campanella, richiamando l’attenzione di un paesano, pronto a rispondere a domande, curiosità, raccontando aneddoti, storie di vita vissuta, senza dimenticare di evidenziare l’arte di Mezzano: “Cataste e Canzei”. Niente di imparato a memoria, ma pronta capacità di divagare su episodi di vita vissuta in prima persona, pertanto autentici, capaci di rendere la visita più vera, o come si dice oggi, più emozionale. E questa è stata la grande novità. La complicità che si creava e la voglia di ascoltarsi l’un l’altro.

Obiettivo primario dell’amministrazione comunale era mettere al centro la genuinità e la capacità di accoglienza dei medaneschi e soprattutto, impiegare l’anziano come fonte di conoscenza diretta, esperienza, e perché no, vitalità nel ricordare il passato recente che ha portato fino all’oggi, rendendo Mezzano uno dei Borghi più Belli d’Italia grazie alla capacità di rinnovarsi turisticamente nella tradizione. Non ha infatti stravolto il proprio passato contadino, anzi, lo ha saputo valorizzare dando voce ai propri abitanti in “presa diretta”, chiamati a dare informazioni all’ospite in modo curioso e soprattutto empatico.
Un risultato sopra le aspettative, che è piaciuto ai turisti ed anche alle “guide”, donne e uomini di età diverse, con caratteristiche diverse, che si sono fatti promotori del patrimonio della loro comunità, declinati sulle domande e le curiosità dei turisti. E quante belle chiacchierate, si sono sentite!

Ne abbiamo avuto la prova partecipando ad una conversazione vicino all’Arco dei Miceli. Protagonisti, una coppia di San Benedetto Po, un borgo insignito come Mezzano del riconoscimento “I borghi più belli d’Italia”. In vacanza a San Martino di Castrozza, hanno voluto visitare il centro storico: attratti dalla sedia rossa, subito curiosità e voglia di suonare la campanella. Al tintinnio, è comparso con un bel sorriso aperto Franco Zugliani. La prima domanda è stata cosa fosse il cunicolo accanto. La guida ha subito catturato l’interesse spiegando l’origine dello “stol” che portava l’acqua al paese, ripercorrendo la nascita attorno alla risorsa naturale, bene primario per famiglie ed animali fino all’importanza della lisièra, una delle ultime con ancora i “fusinai” per scaldare l’acqua per il bucato comunitario. L’acqua ha richiamato acqua, e via a parlare dell’alluvione, con le voci che si alternavano: “Da noi il Po ha tracimato nel ‘51” e subito a notare similitudini di tragedie passate, con il fango a ricoprire tutto, arrivato fino al cimitero. Ecco, da lì la domanda: “Ho visto nel camposanto molti Corona, sono parenti dello scrittore Mauro, che abbiamo conosciuto dalla tv? Vorremmo visitare Longarone, è vicino?”. Il bello è stato proprio il dialogo, il tempo dedicato al turista di sentire anche le sue storie e dare informazioni non strettamente legate al borgo.
Nel frattempo, passava un gruppo con la cartina del paese tra le mani: “Non abbiamo tempo per la visita guidata, ma complimenti lo stesso per l’iniziativa”: non sapranno mai cosa si sono persi.
Ci siamo spostati verso quella che è conosciuta come la “casa della Gemma”, dove passava la “Strada per Fonzaso e per Feltre”, indicata da Franco Zugliani come limite del costruito: da lì si estendevano i campi.

Attorno alla sedia rossa, in attesa di qualche turista, abbiamo trovato un terzetto ciarliero: lo storico Mario Corona, la signora Maria Pia Svaizer e il signor Nino Pistoia.

Conversavano amabilmente su un dolce tipico di Mezzano, il brazedel. Veniva regalato come “bonaman” dal santolo al figlioccio il primo dell’anno. Ma non solo, ed ecco che il discorso cerca la memoria dei tempi passati: «Vi ricordate come la prima persona incontrata il primo dell’anno doveva essere un uomo? Per quello non davano fastidio i monelli che passavano di casa in casa per la bonaman. Fosse stata una donna, portava sfortuna».

La signora Maria Pia, diplomaticamente, ha sviato: «Alle Donadele, facevamo i brazedei a forma di bambolina, gli occhi erano fagioli neri, li chiamavamo ‘le pope’». Ed ecco la sorpresa: lo storico non lo sapeva. «Me lo devo scrivere», sottolineando la sua voglia di imparare.
Il trio si è rivelato la riprova che l’iniziativa turistica, curata da Progetto Turismo di G&A Group, ha un primario ruolo sociale per i residenti, di valorizzazione non solo del patrimonio storico e culturale, ma anche di quello umano. Due i vantaggi: regalare all’ospite una visita avvincente ricca di emozioni e regalarsi un momento di socialità, sentendosi utili e apprezzati.

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