Un replay dell'incendio al rifugio Tonini

di Luigi Oss Papot

Un incendio ad una struttura in alta montagna, lontano da strade percorribili con i mezzi di soccorso; una ricerca e soccorso a persona, scappata dalle fiamme; un incendio che ha iniziato a svilupparsi nel bosco circostante: un pauroso mix di emergenze che ieri per tutta la mattina ha tenuto impegnati 110 vigili del fuoco volontari dei 13 corpi del distretto dell’Alta Valsugana, a Malga Cambroncoi, sotto la cima Costalta al passo Redebus, che divide il pinetano dalla Valle dei Mocheni.

Fortunatamente, si trattava solo della grande manovra, organizzata a livello di distretto appunto, che serviva per testare la reazione degli uomini ed il coordinamento fra i vari corpi in questo scenario, molto simile a quanto successo tre anni fa al rifugio Tonini, neanche tanto distante in linea d’aria dal punto prescelto per l’esercitazione. A coordinare uomini e mezzi, c’era l’ispettore Mauro Oberosler.

Per la verità, qualche turista e qualche avventore della montagna, quando ieri mattina si è trovato davanti una processione di vigili del fuoco che saliva su per la stretta strada che porta alla malga, si è anche impaurito e preoccupato, ma tutto si è risolto che le rassicurazioni dei presenti: sul luogo della manovra infatti si era radunato un grande capannello di curiosi e di amici dei vigili del fuoco.

Al termine delle operazioni infatti era previsto un lauto pranzo per tutti ed il briefing conclusivo.
A dar man forte alle operazioni, anche l’elicottero dei vigili del fuoco permanenti: la manovra infatti ricostruiva un’emergenza in quota, senza vie di comunicazioni stradali percorribili (anche se malga Cambroncoi è raggiungibile via strada). L’elicottero ha portato materiali, uomini ed attrezzature nei pressi della malga: li è stato predisposto il grande vascone per la raccolta dell’acqua, che veniva portata dallo stesso velivolo dopo averla prelevata a Malga Pec, qualche chilometro più a valle.

I vigili del fuoco sono quindi dapprima entrati nella struttura, avvolta dal fumo, grazie all’utilizzo degli autoprotettori, e poi sono saliti sul tetto, per la verifica e la bonifica della copertura. Poco dopo, sono partite le fiamme (questa volta vere, ma circoscritte e tenute sempre sotto controllo) a simulare un incendio boschivo. Spento anche il rogo, molte squadre sono quindi partite alla volta dei boschi per la ricerca della persona dispersa da soccorrere.
«In quota i normali protocolli decadono e siamo in una situazione di vera emergenza - ha commentato l’ispettore Oberosler - con il ritardo dell’intervento a causa delle difficoltà di raggiungere l’obiettivo. Il sistema va in crisi e le operazioni sono rallentate. Da qui l’idea di operare anche con l’elicottero, per imparare a lavorare con questa presenza. Questa manovra è servita per migliorare ulteriormente e magari anche per avere una protocollo da utilizzare in futuro, in caso di bisogno. Tutto è migliorabile ancora, ne riparleremo più avanti».

Soddisfatto dell’operazione anche Gabriele Pilzer, ingegnere del corpo permanente dei vigili del fuoco di Trento: «La manovra può sembrare una forzatura, un fatto che non accadrà mai. Viviamo però in una regione montuosa, con l’incendio che può scoppiare anche a quote elevate. In questo frangente, operazioni che prese singolarmente sono semplici diventano molto più complesse da coordinare, una svista può causare perdite importanti di tempo. La comunicazione e l’organizzazione, la catena di comando in questi casi diventa di fondamentale importanza».

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