Contadino di Tenna chiude l'azienda per colpa dell'Imis

di Luigi Oss Papot

Ha alzato bandiera bianca Franco Valentini, contadino di Tenna che ha dovuto dire addio alla sua azienda agricola di piccoli frutti perché schiacciato da una situazione insostenibile.

Di lui vi avevamo raccontato proprio su queste pagine nel marzo del 2016: in quel frangente, aveva reso pubblico il paradosso che lo vedeva sborsare circa 15 mila euro all’anno di Imis per dei terreni coltivati appunto a piccoli frutti (circa 7.000 metri quadrati attorno alla sua casa), ma a destinazione edilizia secondo lo strumento urbanistico del comune di Tenna.

Una scoperta amara, molto amara, che il signor Valentini ha fatto appunto quando è stata introdotta l’Imis (Imposta immobiliare semplice) e si è visto recapitare delle parcelle salatissime: il cambio di destinazione era stato fatto decenni addietro nell’ottica di una riqualificazione dell’area, caduta poi fra crisi edilizia ed economica, con il «mattone» a perdere il suo potere.

Per risolvere questo problema, l’unica soluzione potrebbe essere quella del cambio di destinazione, possibile solo attraverso una variante al Piano regolatore del Comune (quello in vigore è del 2015): un iter certo non breve e immediato, tutt’altro. All’epoca, nel 2016, l’allora assessore provinciale Carlo Daldoss aveva proposto delle sospensioni di pagamento per casi del genere, ma non se ne fece nulla.

Dopo alcuni anni in questa situazione, Franco Valentini si è dunque arreso: ha chiuso l’azienda agricola, ha tolto tutte le serre, i tendoni e le coltivazioni, ha ridotto a prato i terreni e ha venduto tutto quello che poteva e che non gli sarebbe più servito, dalle strutture metalliche per i tunnel dei piccoli frutti fino ai mezzi agricoli, trattore e atomizzatore inclusi. Il tutto per far fronte al pagamento dell’imposta.

«L’ultima stagione di produzione - ci racconta Valentini - è stata nel 2017. Quell’anno ci ho rimesso 7 mila euro, pagando giustamente anche gli operai che lavoravano. L’anno dopo ho deciso di abbandonare tutto perché era diventato insostenibile. Ho venduto tutto quello che potevo, per racimolare qualcosa». Effettivamente, fa un certo effetto ora entrare dove un tempo c’erano coltivazioni, tendoni e serre e vedere solo un ampio prato verde.

«Io di pensione prendo 500 euro al mese - prosegue il racconto Valentini - e mia moglie 550 euro. Alla fine dell’anno arriviamo a malapena a coprire le spese dell’Imis. Ho dovuto accendere un mutuo per poter pagare e vivere. Per fortuna che mio figlio fa un altro lavoro altrimenti, se avesse proseguito con l’azienda agricola, sarebbe stato un calvario. Mi tengo solo un pezzettino per farci l’orto per me, tanto per avere qualcosa».

Valentini, vista la destinazione edificabile dei terreni, ha cercato anche di venderli: da una stima di 320 mila euro di valore effettivo (la zona è molto soleggiata, tranquilla, ben servita) ha provato a diminuire il prezzo fino a 150 mila. Ma nonostante l’interesse mostrato da molti, tutto è ancora fermo. «E io pago!» direbbe Totò.

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