Panarotta, 5 indagati per omicidio colposo

Chiusa l'inchiesta sulla morta di Bruno Paoli

Condotte connotate da negligenza e imperizia sarebbero alla base della morte, sulle piste da sci della Panarotta, di Bruno Paoli. Lo sostiene la procura di Trento che nelle scorse settimane ha chiuso l'inchiesta sull'infortunio mortale inviando cinque avvisi di deposito atti. L'ipotesi di reato contestata è di cooperazione nel reato di omicidio colposo.

Secondo l'accusa, pur con ruoli e responsabilità diverse, tre amministratori o dipendenti della Panarotta srl e due dipendenti del Servizio impianti a fune della Provincia, avrebbero omesso di proteggere un tratto di pista da sci. In particolare il collegamento con Malga Rigolor che - benché fosse una pista classificata «blu» e dunque «facile» - presentava però fattori di rischio, quali sassi e ceppaie posti oltre lo skiweg, già segnalati dalla forestale. Il povero Paoli, pur essendo uno sciatore esperto, il 20 gennaio 2018 precipitò per circa 8 metri oltre il bordo del tracciato riportando un gravissimo trauma cranico che ne causò la morte. Naturalmente si tratta di accuse ancora tutte da provare. Accuse respinte con decisione dai cinque indagati e dai rispettivi legali (gli avvocati Monica Baggia, Nicola Stolfi e Flavia Betti Tonini) che ora avranno accesso agli atti di indagine in un procedimento penale combattuto anche a colpi di consulenze tecniche.

Vediamo le accuse mosse ai cinque indagati. Fabrizio Oss , in qualità di presidente, legale rappresentante e socio della Panarotta srl, «pur avendo potuto apprendere in più occasioni - si legge sul capo di imputazione - di recente in data 30 dicembre 2017 e 2 gennaio 2018 con segnalazione effettuate dal personale forestale delle condizioni di pericolo della pista di collegamento Malga Rigolor», secondo l'accusa non apprestava idonei mezzi di prevenzione degli incidenti sciistici. La procura sottolinea che già in occasione della classificazione della pista, nell'ottobre del 1996, si sollecitava l'adozione di «idonei apprestamenti di sicurezza». Proprio la mancata adozione di reti di sicurezza a protezione di accidentali fuoriuscite di pista sarebbe alla base dell'incidente mortale.

Alberto Pedrotti , è indagato nelle vesti di delegato per la sicurezza della Panarotta srl: secondo l'accusa «ometteva di assumere le misure necessarie affinché la pista di collegamento fosse in condizioni tali da garantire la circolazione in sicurezza degli operatori». Renzo Gaiga , in qualità di responsabile della sicurezza delle piste da sci designato dalla società Panarotta srl, secondo la procura «non adottava alcun apprestamento di sicurezza con particolare riferimento ad una scarpata-dirupo di elevata pericolosità posta a metà del tracciato per la presenza nella scarpata di massi, manufatti di calcestruzzo, ceppaie, pericoli atipici, che avrebbe richiesto l'apposizione di idonea rete protettiva o in mancanza la chiusura della pista». La procura ricorda che quel tratto di pista nel 2011 era già stato teatro di un analogo incidente sciistico, grave ma per fortuna non mortale. 

Silvio Dalmaso , in qualità di dirigente del Servizio turismo e impianti a fune della Provincia, è finito nei guai per non aver adottato alcuna prescrizione nei confronti dell'ente gestore della pista pur essendo stato informato - sostiene la procura - dei problemi di sicurezza della pista. Indagato per le stesse ragioni è anche il tecnico del Servizio Gianfranco Mittempergher. Nel frattempo la Panarotta srl si è mossa per farsi trovare pronta per la prossima stagione sciistica. La skiweg «incriminata» non ci sarà più: la strada forestale, già dissequestrata, sarà sostituita infatti da una nuova pista di collegamento.

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