Addio Fabiola, a soli 23 anni guerriera contro la fibrosi cistica

La comunità del Primiero e del Vanoi è in lutto per la morte di Fabiola Menguzzo, di soli 23 anni. Dolce, solare, determinata, con uno sguardo sempre gentile Fabiola conviveva da tempo con una grave malattia, ma come ricordano amici e parenti «ha lottato come una leonessa in questi anni», con la sua famiglia sempre accanto.


Lascia un grande vuoto nell’intera comunità e mancherà tanto. «Ci ha insegnato molto sul vero significato della gioia di vivere. Siamo certi che il suo sorriso resterà per sempre nei nostri cuori» hanno scritto i familiari sull’epigrafe: a dare l’annuncio la mamma Maria Romana, il papà Bruno, la sorella Federica, la nonna Fanny e i parenti.


Un pensiero speciale i familiari lo rivolgono ai sanitari che hanno assistito Fabiola in questi anni: i Centri Fibrosi Cistica degli Ospedali di Verona e di Rovereto, e il reparto di chirurgia toracica e trapianto di polmone della broncopneumologia dell’ospedale Maggiore Policlinico di Milano.


Ieri sera in chiesa a Canal San Bovo è stato recitato il santo Rosario, mentre oggi nella stessa chiesa saranno celebrati i funerali alle ore 15.


La famiglia fa sapere che eventuali offerte verranno devolute alle associazioni di ricerca per la lotta contro la fibrosi cistica.


Il papà Bruno la ricorda con affetto: «Purtroppo per tutta la vita ha convissuto con la fibrosi cistica, ed è stata una vita difficile. Ma dobbiamo dire che rispetto ad un tempo, quando i bambini malati avevano una aspettativa di vita che era intorno ai 5 anni, oggi nei casi fortunati si arriva fino ai 40-45. Fabiola - ricorda papà Bruno - ha condotto per quanto possibile una vita normale, seppur molto difficile: amava lo sport, ha fatto anche sci da fondo, ma per il resto la sua vita è stata quella dei malati di fibrosi, cioè tanta fisioterapia e terapie antibiotiche, che a un certo punto non funzionano più».


Trapiantata di polmone a Milano 2 anni fa, Fabiola ci lascia una testimonianza: «In Trentino, dice il papà - abbiamo una buona legge che dà sostegno a questi ragazzi, ma purtroppo non finanzia la ricerca che è l’unica speranza per il futuro: dobbiamo quindi sostenere le associazioni volontaristiche, perché solo dalla ricerca verrà un giorno la soluzione a questa gravissima patologia. Per quanto ci riguarda - dice il signor Bruno - possiamo solo ringraziare per la grandissima competenza e umanità che abbiamo trovato nei reparti ospedalieri, da Verona a Rovereto a Milano, dove in corsia c’è tanta gente meravigliosa che si mette a disposizione del prossimo con umanità e passione».

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