A Levico c'è il «Museo della polenta»

La collezione di Frisanco rischia di andare fuori regione

di Mario Pacher

Non tutti sanno che a Levico c’è un vero e proprio museo della polenta. Si trova in piazza Venezia in casa di Renzo Frisanco, da sempre appassionato di cose storiche e antiche. Già in passato, quando fino al 2004 gestiva l’esercizio pubblico la «Vecchia Fontana», in alcuni suoi locali si incontravano una volta al mese i collezionisti di tutta la Valsugana, da Trento e anche dal Veneto per esporre i loro oggetti o per uno scambio di foto, monetine, cartoline antiche, documenti storici ed altro ancora.

Cessata l’attività, Renzo conserva però ancora una grande raccolta di oggetti legati soprattutto alla polenta, il cibo quotidiano dei nostri antenati e che tanti ancora oggi considerano un piatto prelibato. Sono più di 750 gli utensili specifici, frutto di 50 anni di collezione, che lui detiene e che in parte sono esposti nelle sale al piano terra della sua abitazione, mentre altri sono stati messi in scatoloni.

Tutti oggetti ed attrezzi provenienti da diversi paesi della Valsugana e che in passato sono stati visitati da privati e da tante scolaresche giunte anche dal Veneto. Paioli, mestoli, taglieri, macinini, forche, sgranatori e tanta attrezzatura minuta con degli attrezzi che risalgono addirittura al 1830. Conserva perfino sementi di granoturco portati dai profughi al loro rientro dalla Moravia, alla fine della prima guerra mondiale.

Una vera rarità questo tipo di mais che però viene ancora coltivato da una famiglia di Grigno in Valsugana. Renzo è così affascinato da questa arte contadina che, come simbolo, s’è fatto costruire una grande polenta in cemento, posata sul tagliere che vediamo in questa foto, con lui in mezzo a diversi utensili. A questo punto della vita però, ci dice, «vorrei cedere questa grande raccolta a qualche museo, possibilmente in valle o comunque nella nostra provincia. Ho già avuto delle richieste da parte del museo della polenta del paese di Polenta in provincia di Ferrara e anche da un museo di Brescia. Ma poiché sono tanto affezionato, vorrei che rimanesse nel nostro Trentino perché sarebbe un vero peccato perdere questa raccolta che testimonia tanti anni di vita contadina dei nostri avi.»

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