Ex Ingros, sentenza definitiva

Ora si può dire definitivamente: non c’è un solo atto, tra quelli in base ai quali è stato costruito il centro ex Ingros di Transacqua, che sia legittimo. Dunque, il complesso di via Piave, è abusivo. La Quarta sezione del Consiglio di Stato ha infatti respinto gli appelli proposti da Primiero Sviluppo srl, dalla Famiglia cooperativa di Primiero e dallo stesso Comune di Transacqua contro le sentenze del Tar che hanno annullato tutte le delibere comunali, le autorizzazioni, i certificati di agibilità, le convenzioni urbanistiche e lo stesso piano di lottizzazione, approvati dal 2010 al 2013. La decisione era molto attesa, perché dal 19 gennaio scorso - quando la bufera si è abbattuta su Transacqua - la Famiglia cooperativa di Primiero sta lavorando senza alcun titolo e sotto la spada di Damocle di un’ordinanza di chiusura. Che ora, stando a quando deciso dai giudici di Roma, non potrà essere evitata.

Di fatto il Consiglio di Stato ha convalidato le decisioni assunte dal Tar di Trento nel 2012 e all’inizio del 2015, quando i giudici amministrativi avevano accolto i ricorsi proposti dalla società Brocchetto di Brocchetto Renzo & C. snc, che fin dall’inizio si era opposta al piano di lottizzazione convenzionata che implicava l’abbattimento con successiva ricostruzione, della sua azienda per realizzare il «lotto B» del centro residenziale-commerciale. I magistrati della Quarta sezione hanno infatti ritenuto corretto il fatto che il Tar avesse annullato la delibera con cui il 22 giugno 2010 il consiglio comunale di Transacqua aveva approvato il Piano di lottizzazione, ritenendo che l’allora sindaco Marino Simoni avrebbe dovuto astenersi dal votarlo) perché la sorella era socia e amministratrice della Famiglia cooperativa che aveva proposto il Piano: per il CdS era «evidente il vantaggio che la delibera avrebbe comportato per l’attività economica della stessa (Famiglia cooperativa) in virtù dell’incremento di potenzialità urbanistica, e quindi di valore, del suolo interessato dalla lottizzazione e del conseguente prevedibile aumento di opportunità produttive».

Da questo conflitto di interessi, riconosciuto dal Consiglio di Satto, da cui è discesa l’illegittimità della prima concessione edilizia, sono derivate poi anche quelle relative agli atti approvati dal Comune e ancora dal sindaco Simoni tra 2012 e 2013: l’autorizzazione di ampliamento della superficie commerciale della FamCoop, il certificato di agibilità firmato lo stesso giorno, la concessione edilizia in variante, la convenzione urbanistica, la delibera del consiglio comunale di nuova adozione del piano di lottizzazione e, infine, la concessione edilizia.
 
I ricorrenti hanno contestato questa «illegittimità derivata» sostenendo che quegli atti erano stati adottati solo per sanare il vizio formale che aveva inficiato la delibera del 22 giugno 2010. Ma il Consiglio di Stato invece ha ritenuto, come il Tar di Trento nel 2015, che non potessero «convalidare» alcunché, visto che i provvedimenti da sanare (piano di lottizzazione e concessione edilizia) erano già stati annullati e non erano solo «annullabili». Insomma: come si fa a convalidare qualcosa che non esiste più? E neppure rileva, per i magistrati romani, il fatto che quando furono approvate quelle delibere, fosse pendente il primo ricorso al Consiglio di Stato: poiché la sentenza del Tar non era stata sospesa, essa era «pienamente esecutiva» e dunque l’atto doveva ritenersi annullato, sia pure non in modo definitivo.

Così stando le cose, inoltre, qualunque nuova concessione edilizia avrebbe dovuto rispettare in toto le norme provinciali in materia di parcheggi e determinarne il fabbisogno nel modo più preciso possibile. Cosa che non fu fatta e per qusto bene ha fatto il Tar a censurare un’omissione che il Consiglio di Stato non esita a definire «deliberata», «in modo da escludere ogni verifica ex ante circa il rispetto o meno degli standard minimi richiesti». Una mancanza che ha reso possibile rilasciare autorizzazioni e concessioni, altrimenti prive di un presupposto urbanistico importante.

In ogni caso, conclude il Consiglio di Stato lasciando aperto uno spiraglio, poiché le società appellanti hanno più volte assicurato di aver rinvenuto dei posti auto nuovi e ulteriori, «di questo si potrà tenere conto al fine della predisposizione di un nuovo Piano di lottizzazione», purché questo «sia interamente rispettoso della vigente disciplina in materia di standard di parcheggi».

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