Ala, la mostra dei trofei di caccia scatena le polemiche
L'iniziativa dei cacciatori è stata patrocinata dal Comune, nelle sale nobiliari di palazzo Pizzini. L'Associazione tutela del territorio: «Tutto quanto fa spettacolo, anche la morte. Il Comune dovrebbe avere maggiore attenzione verso sensibilità diverse». La replica: «Proposta una lettura più ampia del rapporto tra uomo e natura, fra tradizione e attualità. Che si condivida o meno la pratica venatoria, essa fa parte della storia di molti territori»
ALA - Inaugurato dalle istituzioni comunali e provinciali col coro, nel fine settimana ha avuto risalto l'inedito ritrovo organizzato dall'Associazione cacciatori trentini e dalla riserva cacciatori di Ala a palazzo Pizzini, che per due giorni ha ospitato nelle sale nobiliari dibattiti, convivi di cervo, un festa con tanto di «open cocktail bar» senza restrizioni e dj fino a notte, per accompagnare la Mostra dei trofei e la «prova di abilitazione per conduttori di cani da caccia». Inutile nasconderlo, anche per i praticanti. L'iniziativa patrocinata dal Comune ha fatto discutere per ragioni di opportunità. Se diverse sensibilità potevano ripudiarla, dall'altra i protagonisti hanno condiviso che la visione dell'esposizione e che la stessa caccia sarebbe «scomoda» ma in qualche modo istruttiva. Già prima dell'evento sono sorte perplessità. «Tutto quanto fa spettacolo, anche la morte», commenta l'Associazione tutela del territorio di Ala, che ha trovato l'appoggio pubblico, la location e il programma di cattivo gusto. «Una realtà e un'iniziativa che da molto tempo è stata sconsigliata anche dagli organismi di rappresentanza. Dagli stessi musei e dimore nobiliari pubbliche sono state bandite le penose esibizioni di quella che un tempo era la caccia. Ostentare i resti di una preda abbattuta comodamente sdraiati con un fucile di precisione presenta ben poca abilità e motivo di orgoglio. Che si mascheri il tutto con dotte disquisizioni sul futuro del capriolo tra un pranzo e una merenda non aggiunge onore e valore a un'iniziativa che trova giustificazione nella libertà di ogni gruppo ma dovrebbe consigliare all'amministrazione comunale una maggior attenzione verso sensibilità diverse». Dai cacciatori è arrivata la replica di Daniel Bonini. «La riflessione dimostra quanto il tema sollevi giustamente opinioni diverse. L'iniziativa non vuole né celebrare la morte né svilire il patrimonio culturale della città ma proporre una lettura più ampia e, se vogliamo, anche scomoda del rapporto tra uomo e natura, tra tradizione e attualità; che si condivida o meno la pratica venatoria, essa fa parte della storia di molti territori e ha contribuito, nel bene e nel male, alla definizione delle identità locali, anche artistiche e musicali. Quanto all'uso degli spazi pubblici, crediamo che aprirli a eventi diversi sia un segno di vitalità culturale non di regressione. Non si tratta di mancare di rispetto a sensibilità diverse ma di includere anche quelle che spesso faticano a trovare ascolto». Sul commento di Bonini torna l'Associazione tutela del territorio: «Di un gusto povero e cattivo, aggravato dalla presenza di cotante autorità. Un gruppo così numeroso e rappresentativo è difficile vederlo a iniziative di ben altro spessore». M. G.