In val di Gresta torna il rito del "campanò" grazie a Massimo Vettori

di Tommaso Gasperotti

Un capo è ancorato al campanile, l'altro al batacchio delle campane. Le sue mani si spostano da una corda e l'altra, tra una nota e l'altra, come una danza antica. Un rito, quello del "campanò", che a Manzano, piccola frazione della Val di Gresta, Massimo Vettori, 35 anni, ha imparato dai più anziani del paese. «Un tempo era una tradizione molto sentita. In occasione del patrono, Sant'Antonio Abate, si organizzava una grande lotteria e si suonavano le campane a festa: un evento che univa tutto il paese», racconta Massimo.

Domenica scorsa, giorno del patrono, l'antica melodia ha risuonato per tutta la frazione, poco più di 100 anime. Una sorpresa inattesa, specie in tempi di emergenza sanitaria, che ha rallegrato gli animi dei paesani.
«Portare un po' di serenità in un momento così incerto e difficile è stata un'emozione unica», aggiunge il giovane campanaro che ha chiesto le chiavi e all'imbrunire è salito in cima al campanile. È lì, tra le assi scricchiolanti, che ha messo a frutto i segreti carpiti negli anni da Enrico, detto «Richeto», classe 1932, e Giovanni Bertolini. «Sono loro che, tra un canto e l'altro, mi hanno fatto scoprire questa antica tradizione. Io sono tenore nel coro «Incanto Alpino» di Mori e Val di Gresta ma canto anche nel coro della chiesa di Manzano. È qui che è nata e cresciuta la passione per il campanò: un'usanza che rischiava di scomparire per sempre e che domenica ho voluto dedicare ai nostri anziani», racconta il depositario dell'antica arte. Che spiega: «Si usano le corde come fossero tasti: premendo un punto piuttosto di un altro, con o meno forza, escono note diverse. È anche faticoso: il batacchio della campana più piccola peserà 4-5 chili, quello della più grande anche 10». Movimenti fluidi e precisi, un grosso paio di cuffie isolanti sulle orecchie e una tecnica che si tramanda da generazioni.

«Mi sono arrivati tantissimi ringraziamenti e domande su questo particolare rituale, non me lo aspettavo - conclude sorpreso il trentacinquenne, che l'anno scorso ha anche riattivato il vecchio mulino del paese per produrre farine biologiche -. Ha destato grande curiosità: speriamo, il prossimo anno, di poter accompagnare il suono delle campane con un momento di festa collettivo». Una speranza, la sua, che non può che essere condivisa da tutti.

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