Tornati a Terragnolo per brindare insieme

Sono in molti, alcuni arrivati anche dall’estero, altri saliti da Rovereto per la festa, a Terragnolo, di quelli nati nel 1953. Sessantacinque anni parcheggiati nel colore dei capelli, nel camminare strano, nelle strette di mano, nei ricordi. «L’infanzia a Terragnolo è stata bellissima, non avevamo nulla eppure eravamo padroni del mondo», racconta Gianni Diener. La festa dei coscritti non è solo un atto simbolico, fine a se stesso, vuole essere l’espressione di una valle straordinaria, fatta di piccoli quadri posti lungo le sue direttrici. La vita dura di un popolo, i «terragnoi», che sulle «laiten» hanno sempre piegato la schiena sapendo che la loro era una terra dura da domare, da viverci, ma  una terra immensamente veritiera che forgia coraggio e coscienze. Don Eugenio Cornella. il prete di Terragnolo classe 1929, nell’omelia per i coscritti ricorda i sacrifici dei «veci», parla del tempo che verrà e di un territorio che in silenzio ma con classe sta cercando la propria dimensione, sta aggrappandosi al futuro per rivivere, per essere ripopolato. Suonano a festa le campane, la «piccola» addirittura sancisce l’unione di diversi percorsi di vita, di storie che si mescolano con i colori di un tardo autunno che mettono un po’ di tristezza. Cena al lume di candela, con piatti tipicamente locali, al ristorante la «Sina» di Piazza, qualche bicchiere di vino e poi via al racconto, come nelle fiabe più belle, il ritrovarsi al caldo di una stufa, borbottare frasi di una volta, odorare il legame con il mondo cimbro della valle, pensare a chi è andato avanti (ben 4 coscritti del ‘53), salutare con il cuore un pezzetto di valle che incorona fatiche e lotte memorabili, voglia di riscatto e solidarietà.

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