«Defibrillatori sui campi, serve la regia degli enti»

L’agenzia per la promozione dello sport della Vallagarina si farà carico, quanto meno a livello organizzativo, dei corsi di rianimazione cardiopolmonare per l’abilitazione all’uso del defibrillatore automatico esterno Dae, di cui tutte le società sportive si dovranno dotare dal 20 luglio prossimo.

L’agenzia per la promozione dello sport della Vallagarina si farà carico, quanto meno a livello organizzativo, dei corsi di rianimazione cardiopolmonare per l’abilitazione all’uso del defibrillatore automatico esterno Dae, di cui tutte le società sportive si dovranno dotare dal 20 luglio prossimo.

A stabilirlo è il decreto attuativo Balduzzi che, con il comma 11 dell’articolo 7, ha esteso l’obbligo a tutte le società dilettantistiche: dalle sedute di allenamento alle gare ufficiali. «Abbiamo gli spazi adatti all’interno della nostra sede ed abbiamo i contatti delle società lagarine», spiega Ruggero Pozzer, presidente dell’Agenzia.

«Per questo abbiamo deciso di metterci al servizio delle società, perchè questo è un principio sancito anche dal nostro statuto - ribadisce Pozzer - pur condividendo la reazione di chi sostiene che questa nuova regola sia insostenibile per le società sportive che si basano sul volontariato».

A tuonare contro la nuova normativa è stato innanzitutto il presidente del Comitato trentino della Federcalcio, Ettore Pellizzari, che attraverso i parlamentari trentini chiede una modifica del decreto Balduzzi per la presenza obbligatoria degli addetti abilitati all’uso del defibrillatore da limitare alle sole gare.

Della sua stessa opinione è il presidente dell’Unione sportiva Quercia, Carlo Giordani, che proprio nei giorni scorsi durante un’incontro organizzato dall’Agenzia per lo sport si è soffermato sul tema. «L’iniziativa è buona ma resta una questione di fondo: il decreto è sbagliato, demagogico, criticato anche dal punto di vista scientifico e l’invito rivolto ai nostri politici è che continuino a portare avanti la battaglia perché il decreto sia rivisto, limitandolo alle gare».

Il secondo punto portato a galla da Giordani riguarda la responsabilità: «È una follia che ricada in capo ai presidenti di associazioni sportive fatte di volontari per cose che dipendono dal destino. Se possiamo essere d’accordo che gli impianti siano dotati di defibrillatori, facciamolo in modo coerente e logico con la realtà dei fatti».

Per questo il presidente dell’Us Quercia ha chiesto «che gli enti pubblici a vario titoli interessati, dalla Comunità di valle ai comuni, particolarmente quello di Rovereto che da solo avrà ottanta società sportive, si occupi di curare la regia. Indichino chi deve acquistare l’attrezzatura: l’ente pubblico che è proprietario degli impianti o le società che li gestiscono?»

Recentemente anche il dottor Federico Semeraro, anestesista rianimatore di Bologna e presidente dell’Italian resuscitation council, è intervenuto sulla questione. «Dubitiamo fortemente che la proroga di sei mesi disposta dal Ministero della salute possa realmente far tirare un respiro di sollievo alle tante società sportive che non sono state in grado di ottemperare a questo obbligo in due anni e mezzo», ha scritto in una lettera indirizzata alla Regione Sardegna, dov’era scoppiate polemiche al riguardo. «Ci sembra infatti che nulla sia cambiato o stia per cambiare al fine di orientare, accompagnare e sostenere le società sportive in questo non semplice compito».

Il dottor Semeraro però aggiunge anche una motivazione importante per sostenere l’iniziativa: «L’applicazione di questa norma rivoluzionaria, in grado potenzialmente di salvare moltissime vite, pone il nostro Paese all’avanguardia internazionale: in Italia si stima altrimenti che almeno cento persone sane muoiano ogni anno per arresto cardiaco improvviso correlato all’attività sportiva».

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