Undici sarte in campo per produrre mascherine

di Chiara Zomer

Non c’è una mascherina neanche a pagarla oro? E allora dalle parti di Raossi si sono organizzati. Se le producono da soli. Grazie, per la verità, al contributo di un sacco di persone: quattro amici che hanno avuto l’idea, l’Orsa maggiore che ha aiutato a creare il prototipo perfetto, alcune aziende private, la Fondazione Vallarsa che ha dato loro i soldi per partire e parecchia gente che ha partecipato alla successiva raccolta fondi, il Comune che ci mette il patrocinio e soprattutto loro: 11 sarte volontarie, che mettono a disposizione il loro tempo. Il risultato è che in queste ore, mentre la penuria di mascherine è ancora un problema, loro stanno entrando in produzione: «Ma non sono un presidio sanitario», si affretta a spiegare Matteo. Hanno paura che qualcuno li rimproveri, ma la verità è che si sono mossi dopo aver sentito i bisogni del territorio e le proposte degli esperti.

Premessa: a Vallarsa c’è l’Orsa Maggiore, che trasporta le persone con necessità sanitarie e che quando serve è disponibile per portare la spesa o i farmaci a casa di chi no può uscire. A Vallarsa c’è pure la casa di riposo: non hanno contagiati, ma gli operatori vorrebbero tutelare loro stessi e i loro utenti. Ora  sono senza mascherine. Ecco perché si è provato a mettere in piedi un’attività di produzione: «Non sono mascherine adatte per chi lavora in ospedale, ed è esposto al Covid 19 - spiega Matteo - sono quelle di tipo chirurgico, che però possono essere utili a chi è meno esposto. Noi abbiamo pensato di coinvolgere alcune sarte volontarie che, a domicilio, potevano realizzarle». L’idea ha trovato seguaci: si è partiti con 3 sarte, adesso sono 11. Il come fare le mascherine, non se lo sono inventato: «No, ce lo dice l’Orsa Maggiore. Alla fine le realizziamo con due tessuti diversi: pelle d’uovo, così si chiama, all’esterno, che è idrorepellente e quindi non lascia passare goccioline e cotone satin all’interno, per un maggior comfort».

I prototipi sono usciti dalle case delle sarte sabato, e per l’intera giornata i volontari dell’Orsa maggiore li hanno provati. E alla fine hanno chiesto una modifica: un profilo in alluminio sulla parte alta, affinché aderiscano meglio al naso. «Sulle prime pensavamo di non farcela, dove lo trovavamo un profilino in alluminio? Poi abbiamo trovato una soluzione: l’azienda fratelli Galli, che produce profilati, ci ha messo a disposizione quel filo di alluminio». È la storia di questa iniziativa: passano i giorni e si allarga il cerchio di chi vuol collaborare: «Sì, è diventata proprio una catena di solidarietà - conclude Matteo - adesso si è aggiunta la start up Audaces, che taglierà il tessuto, che quindi verrà consegnato della giusta misura alle sarte».

Insomma, si è già in produzione: i primi soldi ce li ha messi la fondazione Vallarsa, ma la raccolta fondi del progetto (Valle et orbi, a illustrare l’ambizione di andare oltre Vallarsa, obiettivo per altro già ampiamente centrato) ha toccato i 3.900 euro. «Ma sono tanti quelli che si mettono a disposizione - conclude Matteo - tante associazioni, il Tucul, gli Schützen, ma anche tanti privati».

E c’è davvero di tutto. Dalle Grafiche Stile che garantiscono le etichette, alla Texbond che regala il tessuto alla Ganassini Stock home che fornisce tessili a prezzo di costo, da Alice Robol che si occupa della grafica del sito a Elena Modena, per le illustrazioni e Andrea Loschi, per il Logo. Insomma, è un’intera comunità che si è messa in moto. E da quelle parti, quando si muovono, sanno fare massa critica.

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