Addio a «Trona», il più vecchio alpino d'Italia

di Tommaso Gasperotti

Se n’è andato in punta in piedi. A 110 anni, compiuti da poco meno di due mesi, Luigi Tomasi, l’uomo più longevo del Trentino, ha lasciato questa terra, dopo aver abbracciato due secoli e due millenni, due guerre mondiali e tanti altri avvenimenti che hanno segnato nel profondo un’intera epoca. Ieri pomeriggio la notizia della scomparsa del «Trona», ha fatto presto il giro di Ala, dove Luigi era nato il 17 ottobre 1908.

Una scomparsa che, seppur attesa viste le tante primavere alle spalle, ha comunque lasciato tutti di sasso: compleanno dopo compleanno, il nonno del Trentino sembrava infatti tutt’altro che deciso a salutare questo mondo.

Lui che, come spesso ripeteva, faceva parte di una classe di ferro: «Il medico dice che malattie non ne ho e infatti sto bene, solo le gambe non mi reggono», aveva raccontato in una recente intervista all’Adige. Ieri però il suo cuore ha smesso di battere. E come ha detto qualcuno: «É come se si fosse chiuso un libro di storia popolare». Una metafora che rende bene l’idea. I suoi documenti, rilasciati dall’Impero austroungarico e aggiornati dalla Repubblica italiana, datano la nascita al 17 ottobre 1908 a Maso Corona di Marani, una vita fa appunto.

I primi anni li trascorre con la famiglia (7 tra fratelli e sorelle) nella località alense, dove tutti lavorano la terra come mezzadri. Ha 7 anni quando scoppia la prima guerra mondiale; due in più quando nel 1917 viene sfollato, assieme alla madre e ai sei fratelli, a Savona per sfuggire ai bombardamenti. Lì la donna si ammala di «doia», così era chiamata a quei tempi la polmonite, e morirà a 45 anni poco dopo al rientro in terra trentina. Terminato il conflitto, si torna al lavoro nei campi e, una volta diventato adulto, Luigi convola a nozze con Maria Bazzanella: avranno otto figli. Sono anni buoni quelli in cui il «Trona» lavora la terra dei Conti Malfatti che avevano campagna ad Ala e a Padova.

E anche quando giunge la seconda guerra e Luigi viene mandato a Brunico quando nei giorni di permesso può rientrare ad Ala si affretta a sistemare i poderi dei Malfatti. «Non c’era nessuno meglio del conte. Venivo trattato come una persona di famiglia», ripeteva. Ma la guerra infuria e Luigi Tomasi viene spedito sul Colle della Maddalena, valico alpino situato a 2.000 metri tra l’Italia e la Francia. «Era la fine di giugno 1940, ma c’era ancora molta neve, tanto che parecchi soldati ebbero i piedi congelati. A dorso di mulo trasportavamo i viveri e le attrezzature e portavamo di ritorno i feriti», raccontava «il più vecio dei veci», così titolava poche settimane fa la rivista L’Alpino, che gli ha dedicato due pagine. Per fortuna, arriva il congedo previsto per i padri di famiglia con almeno quattro figli e Luigi torna presto al lavoro in campagna.

Nel frattempo, però, i conti Malfatti sono costretti a vendere i loro poderi e la buonuscita per Luigi sono tre ettari di terra. La stessa terra che quest’uomo ha coltivato con passione fino all’età di 80 anni. Un legame forte quello con la fatica contadina che non hai mai smesso di ricordare con un po’ di nostalgia, avendo assistito alla trasformazione della società, da agricola e ancora quasi feudale alla realtà di oggi. Lo aveva fatto anche il 17 ottobre scorso quando, circondato dall’affetto di figli, nipoti, pronipoti, aveva spento 110 candeline. Il suo compleanno, al Centro diurno di Ala, un luogo che frequentava sempre con il buon umore, era diventato un appuntamento immancabile anche per tanti concittadini e per i suoi alpini.

Sabato, come direbbero loro, «è andato avanti». E con lui oltre un secolo di ricordi, che ora continueranno a vivere nelle memorie della comunità alense, che Luigi ha sempre avuto nel cuore. Ciao «Trona».

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