La maestra Ada Mariz torna nell’asilo di San Donà dopo 63 anni: «Ascoltiamo i bambini»
Fu la prima insegnante della scuola. Oggi, a 98 anni, ricorda: «Quella di allora era una scuola povera. Facevamo didattica recuperando i pezzi di legno, i sassi, durante le nostre passeggiate»
TRENTO. All'età di novantotto anni la maestra Ada Mariz è tornata a far visita alla scuola materna di San Donà. Nel 1962, fu la prima maestra dell'asilo della piccola comunità da poco insediata in collina.
Sessantatré anni dopo, la maestra incontra le giovani colleghe e gli scolari, in un momento di condivisione proposto da Renato Tomasi, consigliere comunale. All'incontro era presente anche il disegnatore Fabio Vettori che ha portato le celeberrime "Formichine". La maestra Ada non ha perso il piglio dell'educatrice, mentre osserva i piccoli alle prese con i lavoretti e propone loro una simpatica versione di Biancaneve.
Le chiediamo quale fosse il suo strumento didattico preferito. «Ogni maestra ha un talento, credo che il mio sia raccontare storie, l'ho sempre amato», riflette la maestra. «In particolare, amavo la storia di Pinocchio, era il mio "vangelo" personale, dal quale ho tratto tantissime fonti di educazione. Erano gli stessi bambini a venir da me e a chiedermi, "Maestra, ci racconti Pinocchio? "». Anche la vita della maestra Ada è una storia che merita di essere raccontata, a partire dagli anni del regime fascista e della Seconda Guerra Mondiale. «Nasco nel 1927, mio padre era un lavoratore della Montecatini di Rovereto ed era anche antifascista, come lo sono io. Finì in prigione per la sua attività e solo l'intervento della Montecatini, che all'epoca era potente, gli evitò la deportazione a Ventotene. Poi, durante gli anni dell'occupazione nazista del Trentino, i tedeschi minarono la Montecatini con l'obiettivo di farla saltare in aria. Un gruppo di lavoratori, che comprendeva mio padre, si oppose. Stavano per essere messi al muro, ma il direttore della Montecatini riuscì a convincere l'ufficiale tedesco a risparmiarli».
Ancora giovanissima, Ada Mariz diventa maestra di asilo e inizia il suo percorso nella scuola materna di Tonadico nel 1958, per poi arrivare a San Donà nel 1962. «I bambini di Tonadico arrivavano da famiglie molto organizzate, mentre le famiglie di San Donà avevano provenienze sociali di tutti i tipi, ma erano famiglie piuttosto umili, di lavoratori».
La maestra Ada riflette su quanto sia cambiata la scuola rispetto a quei primi anni: «Oggi le maestre hanno a disposizione una grande quantità di materiali, mentre all'epoca noi facevamo didattica recuperando i pezzi di legno, i sassi, durante le nostre passeggiate. Era una scuola povera. Oggi per fortuna non è più così, ma sta alla bravura delle maestre usare tutti questi materiali in modo adeguato». Fondamentale il valore educativo del disegno: «Ho apprezzato la presenza di Fabio Vettori che ha fatto disegnare i bambini. Io, mentre disegnavano le formichine, avrei dato anche qualche spunto scientifico». Le chiediamo di dare un consiglio alle maestre e ai genitori di oggi: «Alle maestre dico di andare d'accordo tra loro, è fondamentale per lavorare bene. Ai genitori dico di ascoltare i loro bambini. I bambini hanno tante cose da dire agli adulti, ma non sempre vengono ascoltati. D'altronde, i genitori hanno tanto da fare e si perdono momenti fondamentali nella crescita dei figli. Una volta ho incontrato un bambino che stava per andare alla scuola elementare che disse chiaro e tondo: "Io non conosco i miei genitori perché lavorano sempre". Fu una riflessione molto amara».
La maestra Ada arriva a riflettere sul tema della denatalità, il calo drastico dei nuovi nati. «Non credo sia collegata alla disponibilità di servizi, potrebbero esserci anche duemila "nidi" e scuole materne sul territorio, ma è cambiata la mentalità. Da parte dei genitori spesso non c'è la disponibilità a fare rinunce personali, così quando va bene mettono al mondo due figli, più spesso un figlio solo. Ma, come dice il papa, i figli unici fanno fatica a comprendere cosa voglia dire essere fratelli, quale sia il valore della fraternità».