Lavis / La storia

Abbattuto il muro bianco dei film all'oratorio, una pagina di memoria locale

Il manufatto di otto metri per quattro fu realizzato nel 1948, ora è stato demolito nell'ambito dei lavori per la nuova piscina. In circa mezzo secolo è stato lo sfondo per le proiezioni di centinaia di film, come ricorda Giovanni Rossi: «L'atmosfera di quelle serate era elettrizzante. Il successo era sempre assicurato, con una media di biglietti staccati che oscillava tra i 400 e i 500»

di Pietro Gottardi

LAVIS. Un muro che viene abbattuto nell'immaginario collettivo post-crollo del muro di Berlino del 1989, viene visto generalmente come un qualcosa di positivo.

Spesso tuttavia lo sbriciolamento di un muro innesca in chi ha legato ricordi a quel manufatto (si pensi anche alle demolizioni di vecchi edifici intrisi di memoria) sentimenti a scavalco fra la nostalgia e la malinconia.

Ne sa qualcosa Giovanni Rossi, memoria storica di Lavis, per decenni corrispondente locale di questo giornale e ancora oggi del settimanale Vita Trentina, che lunedì ha assistito in diretta all'abbattimento del muro di confine fra la piscina in corso di realizzazione e l'oratorio.

La solita "passionaccia" dei pensionati che ammazzano il tempo osservando l'avanzamento dei cantieri? No. Per Giovanni si è trattato di qualcosa di più delicato, più tenero e collocato al di sotto della scorza a volte un po' burbera di un uomo di 83 (quasi 84) anni che non ha mai avuto peli sulla lingua.

Col muro di confine, infatti, è venuto giù anche il grande rettangolo bianco 8 metri per 4 in muratura, su cui in circa mezzo secolo sono stati proiettati centinaia di film.

Un'attività di intrattenimento iniziata nel 1948, da cui Giovanni bambino fu letteralmente rapito, esattamente come il protagonista di "Nuovo Cinema Paradiso", il capolavoro di Giuseppe Tornatore. «In effetti ci sono alcune scene di quel film nelle quali mi rivedo in pieno» conferma Giovanni, alias "El gal dei Ciuciòi" per chi frequenta Facebook.

Tornando al muro dell'oratorio, fu su quello schermo che oltre al piccolo Rossi, centinaia di lavisani apprezzarono i primi piaceri del quieto vivere, dopo le tristezze e le ristrettezze vissute nel corso della seconda guerra mondiale.

«A portare il cinema all'oratorio di Lavis - ricorda Giovanni aprendo lo scrigno dei ricordi - furono Elio Rizzoli (mio maestro in cabina di proiezione), Gustavo Toller e Guglielmo Magotti. Era l'estate 1948 quando il muro su cui proiettare i film venne edificato; allora era quadrato con lati di 4 metri perché a misura dei fotogrammi del tempo. Fu nel 1954 che lo schermo venne portato alle dimensioni 8x4 per adattarsi al nuovo formato panoramico-cinemascope».

El Gal dei Ciuciòi è dotato di memoria da elefante ed oltre a ricordare con precisione avvenimenti, date e nomi ha la capacità di rendere vivide nel racconto le emozioni di allora: «L'atmosfera di quelle serate era elettrizzante - ricorda -. Alle 19.30 si iniziava a predisporre il piazzale con panche e banconi che erano stati acquistati usati. Il successo era sempre assicurato, con una media di biglietti staccati che oscillava tra i 400 e i 500».

Al richiamo di titoli come "Sparvieri del Colorado", "Cuore di bandito", "Le due Orfanelle", "Aquila nera" e "Il Mago di Oz", non sapevano resistere nemmeno gli abitanti delle vicine Zambana e Giovo: «Nelle serate di cinema all'aperto - prosegue Giovanni - molti partivano a piedi il pomeriggio per raggiungere Lavis e godersi il film. Fu a quei tempi che venne coniato il motto "I lavisani i va al cine e quei de Palù i compra le colline"».

Le stagioni del cinema all'aperto all'oratorio si sono susseguite ininterrottamente fino al 1961.

Sospese per i lavori che interessarono l'edificio, tornarono nel 2005 per proseguire poi fino al 2014 al Parco Urbano. Quell'anno il digitale soppiantò la pellicola ed i film a Lavis da allora sono stati proiettati solo all'auditorium. «Il muro abbattuto era l'ultimo ricordo di un'era e di una magia che non c'è più. Nostalgia? Un po', ma come amo ripetere "Sempre avanti!"» è il The End che ci regala Giovanni.

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