Soccorsi / Il bilancio

Emergenze, l’importanza vitale della Centrale unica che gestisce 700 chiamate al giorno

Domani, sabato 11 febbraio, lo stabile di via Pedrotti (Cristo Re, Trento) aprirà le porte alla cittadinanza. Le prenotazioni sono andate a ruba: la gente ha risposto con un “tutto esaurito”

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NUMERI Nel 2021 oltre 200 mila chiamate al 112

di Leonardo Pontalti

TRENTO. «Centrale unica, dica». Qualsiasi emergenza si verifichi, comincia tutto così. Comincia tutto da lì, dalle stanze del terzo piano dello stabile di via Pedrotti, in Cristo Re. La ricerca della soluzione a una miriade di criticità piccole e grandi comincia così, comincia da lì. Ogni giorno, tra le 600 e le 700 chiamate da gestire, con punte anche di più di mille richieste, come in estate. Come in inverno, soprattutto, con gli incidenti sulle piste da gestire.

Nel 2022, l'anno scorso, sono state in tutto circa 240.000. Domani, sabato 11 febbraio, la Centrale unica dell'emergenza aprirà le proprie porte alla cittadinanza, come non accadeva da un paio d'anni a causa della pandemia. La risposta è stata massiccia: le prenotazioni necessarie per poter andare a scoprire come si avvia la macchina della gestione delle criticità sono andate esaurite nel giro di quattro giorni.

La giornata delle porte aperte è una iniziativa europea che non a caso si organizza in questo periodo. Quest'anno la data è quella giusta: 11/2, a richiamare il numero unico 112 e ogni anno si organizza sempre nel fine settimana più vicino a quella data.

«Abbiamo dovuto organizzare una fascia oraria ulteriore per poter soddisfare le richieste - spiega la direttrice della Cue 112 Silvia Marchesi - famiglie, bambini, semplici cittadini ma anche tanti rappresentanti delle realtà del soccorso e dell'emergenza diffuse sul territorio, il che ci fa particolarmente piacere».

Sì, perché dalla Centrale unica inizia un percorso che coinvolge poi centinaia di donne e uomini tra soccorritori sanitari, vigili del fuoco permanenti e volontari, forze dell'ordine, Soccorso alpino, psicologi e così via.

«Siamo il primo anello di una catena delicatissima - spiegano Marchesi e il responsabile gestionale Gianluca Cembrani - e occasioni come quella delle porte aperte sono fondamentali non solo per far capire come lavoriamo ma anche per far comprendere come quello dell'emergenza sia un contesto che coinvolge tante, tantissime figure preziosissime ad ogni livello».

I ritmi, nella sala in cui si trovano gli operatori, sono serratissimi: le chiamate si susseguono, quasi tutte - in una mattinata di metà febbraio - dalle piste: Campiglio, Canazei, Moena, Cavalese. «L'inverno è la stagione in cui siamo quantitativamente più sotto pressione - spiegano Marchesi e Cembrani - anche se qualitativamente è l'estate ad essere più probante, soprattutto per quel che riguarda la montagna».

Il perché è presto detto: «Le piste sono un po' come delle strade. È facile per chi chiama darci indicazioni precise: il comprensorio, il nome della pista... In estate invece capita che spesso chi ci chiama per interventi in quota o a mezza montagna nei boschi, non sappia darci indicazioni chiare».

Già perché per gli operatori del 112 l'importante è il dove: «A volte prima ancora del "cosa". Qui gli operatori appena ricevono la chiamata, in pochi istanti di conversazione devono già pensare, mentre parlano con chi è in linea, devono capire chi mobilitare. Dunque è essenziale capire dove è successo qualcosa e che cosa è successo. Poi entrano in gioco le centrali di secondo livello».

Quelle cioè che si chiamavano fino al 2017, all'introduzione del 112: vigili del fuoco, 118, forze dell'ordine: «Spesso sentiamo dire che il 112 ha rallentato le operazioni, le ha complicate. Invece non è così. Perché in caso di incidente, ad esempio, mentre chi ci segnala l'emergenza sta parlando con l'operatore, quest'ultimo in tempo reale sta già invitando le segnalazioni a tutte le realtà competenti: vigili del fuoco, forze dell'ordine, sanitari».

«Poi in base al tipo di emergenza primaria viene passato alla centrale di secondo livello più opportuna, sanitaria se ci sono feriti, dei vigili del fuoco se l'incidente è senza feriti. Ma la macchina dei soccorsi viene attivata senza dubbio più rapidamente è meglio». A rispondere c'è una pattuglia di 25 tra operatrici e operatori, che si suddividono i turni giorno e notte, 24 ore su 24, 365 giorni all'anno.

Al lavoro ci sono sempre almeno 3 persone, nelle nottate infrasettimanali e almeno 5 persone durante il giorno ma si arriva, in condizioni normali, anche a 5 unità di notte e 7 di giorno. Con altri operatori reperibili in casi particolari, come ad esempio le allerte meteo quando si presume che il flusso di chiamate aumenterà.

Già perché, ad esempio in caso di nevicate, incendi, raffiche di vento è così via, capita che il 112 riceva chiamate a raffica non solo per segnalare eventi ma anche per chiedere informazioni. «Questo è uno dei problemi in caso di eventi diffusi. Ma anche la semplice mole di segnalazioni costituisce un problema a chi fare fronte. Solitamente rispondiamo in 3 secondi, ovvio che in casi simili i tempi si dilatino. Ma quando dall'altra parte del telefono c'è chi deve segnalare una persona in pericolo di vita, ogni istante è prezioso. Per questo quando stimiamo che possano arrivare più telefonate del solito, rafforziamo il personale in sala».

Personale specificamente formato: «Serve conoscenza tecnica degli strumenti informatici, ma anche del territorio, per sapere al volo chi mobilitare. Serve attenzione e sensibilità. Sembra un lavoro semplice ma è invece molto complesso e delicato».

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