Tribunale / Privacy

Guarda i referti della sua ex: medico e Azienda Sanitaria nei guai

Per lo stesso fatto l’Apss di Trento era stata condannata dall’Autorità garante della privacy a pagare 40 mila euro. Ora la donna ha dato il via a una causa civile e chiede di essere risarcita per i danni subiti

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di Patrizia Todesco

TRENTO. Visionare la cartella sanitaria di un conoscente se non si è autorizzati per iscritto o se non c'è una reale necessità di tipo sanitario può costare carissimo sia all'operatore che effettua l'illecito che all'Azienda sanitaria. Se poi la "vittima della violazione" è la ex del medico e dunque ha anche un forte interesse ad andare in fondo alla vicenda e farsi pagare i danni, la questione è ancora più spinosa.

Nei giorni scorsi l'Azienda sanitaria ha ricevuto un atto di citazione da parte di una signora che ha chiamato l'Apss in giudizio davanti al tribunale. Nell'atto la signora chiede al giudice di accertare la responsabilità dell'Apss per un presunto illecito trattamento dei dati sanitari e sensibili e di condannare l'Apss - in solido con altro soggetto ritenuto anch'egli responsabile della violazione dei dati sanitari e sensibili della signora - al risarcimento di tutti i danni che la donna afferma di aver sofferto.

Si parla di decine e decine di migliaia di euro. Nel caso di una eventuale condanna, però, l'Azienda mette subito le mani avanti e chiede che l'obbligo di pagare sia in capo al medico «che si ritiene unico responsabile dei danni lamentati dalla signora». L'Azienda, per lo stesso fatto, era già stata chiamata a pagare 40 mila euro dal Garante per la protezione dei dati personali. Era l'aprile del 2021.

L'Autorità, a febbraio e luglio 2020, aveva ricevuto due reclami da parte della signora e del suo compagno in merito a ripetuti accessi ai loro dossier sanitari aziendali effettuati tra il 2017 e il 2019 da personale dell'ospedale di Borgo Valsugana. Il medico che aveva avuto accesso al dossier si era giustificando dicendo che con la signora, dalla fine gennaio 2016, aveva vissuto una relazione sentimentale «durante la quale in più occasioni sono stato autorizzato - sempre solo verbalmente, come avviene solitamente in situazioni simili - a consultare i sui dati sanitari, al fine di prenotare visite specialistiche ed esami. Se ben ricordo ho emesso anche una o più impegnative. Il fatto che anche in tempi recenti abbia effettuato accessi è correlato ad uno stato di affettiva preoccupazione per il suo stato di salute. Ovviamente non ho mai diffuso o comunicato a terzi i dati sanitari della signora».

Quanto alla consultazione del dossier sanitario del compagno dell'ex, il dottore si è difeso dicendo che « gli accessi al SIO relativi al signore sono avvenuti per errore». Venuta a conoscenza dell'indagine dell'Autorità, l'Apss aveva avviato un procedimento disciplinare nei confronti del medico (ora non più in servizio presso l'Apss) e aveva modificato le modalità di accesso al Sio (sistema informativo ospedaliero) limitando la visione di "vecchi" referti solo ad un numero ristretto di operatori in modo da evitare consultazioni improprie dei referti contenuti nella cartella. 

Sempre nell'ambito della stessa indagine, l'Autorità aveva chiesto spiegazioni per il caso di una signora che aveva segnalato, nell'aprile del 2020, di aver ricevuto 27 notifiche di accesso ai suoi dati sanitari tramite l'applicativo Sio effettuato da un medico in servizio presso una struttura ospedaliera di Apss di Trento. La signora era venuta a conoscenza degli accessi in via autonoma in quanto, negli anni scorsi, l'Azienda aveva attivato alla stessa un servizio consistente nell'invio di un messaggio di notifica automatico (alert) che la avvisa in tempo reale di ogni accesso effettuato ai suoi dati tramite l'applicativo Sio quale misura di sicurezza, controllo e trasparenza.

In quel caso il medico aveva spiegato che si era trattato di un errore di omonimia ma l'Apss era stata comunque costretta a versare 10 mila euro come sanzione pecuniaria

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