Ambiente / Città

Rio Lavisotto, rinviate le operazioni di bonifica

La rimozione del materiale inquinato inizierà la settimana prossima: prima bisogna completare il capannone per l'esecuzione dei lavori in sicurezza

TRENTO. Slitta di qualche giorno l'avvio concreto dello scavo lungo il rio Lavisotto. Il primo, vero intervento di bonifica, con l'asportazione del materiale inquinato prenderà corpo lunedì prossimo.

L'avvio dell'operazione (primo lotto) di disinquinamento delle rogge demaniali di Trento nord era in programma ieri mattina. La falsa partenza ha una ragione tecnica: chi ha in mano il cantiere deve ancora completare il montaggio della "porta" del capannone che rende possibile l'esecuzione dei lavori in sicurezza.

Una volta garantito l'isolamento della struttura, concepita a garanzia dei lavoratori coinvolti e della popolazione, sarà quindi possibile dare l'avvio regolare al cantiere che, nelle previsione, opererà ad un ritmo di 4-5 camion al giorno di materiale inquinato asportato.

Chi opera sul rio Lavisotto

L'appalto del primo lotto di 1.200 metri di lunghezza, dall'ex Carbochimica a via Fratelli Fontana, vale 7,8 milioni di euro, più 312 mila euro di oneri per la sicurezza e un ulteriore milione e mezzo di incremento costi, con una variante necessaria che ha previsto la realizzazione di uno "zoccolo di cemento" (jet grounding) che agevola lo scavo e contiene le infiltrazioni di acqua quando sale la falda. È stato aggiudicato all'associazione di imprese formata da Bonifiche Servizi Ambientali (Bsa), Consorzio lavoro ambiente (Cla) e cooperativa Ecoopera. In concreto, ad eseguire lo scavo sarò la Cooperativa Lagorai di Borgo Valsugana, mentre Ecoopera si occupa del trasporto e dell'analisi del materiale asportato, destinato ad un impianto di desorbimento termico a Verona.

Rinviati i lavori di bonifica del rio Lavisotto

Slitta di qualche giorno l'avvio concreto dello scavo lungo il rio Lavisotto. Il primo, vero intervento di bonifica, con l'asportazione del materiale inquinato prenderà corpo lunedì prossimo.

Il capannone di protezione.Il capannone mobile di protezione, che gli addetti chiamano "catafalco", è una struttura in alluminio che regge il telone che contiene le emissioni. È una struttura alta 5 metri, larga altrettanti e lunga 25 metri, con delle ruote mobili che poggiano sulla palancole metalliche. I primi giorni di lavori serviranno ad utilizzare la rampa di accesso utilizzata per il primo asporto: di fatto, uno scavo di prova. In seguito, sarà più agevole l'accesso al capannone in piano, mano a mano che si procederà con l'asporto spostando verso sud il tendone mobile. Nella prima fase, mischiato al materiale inquinato della ex Carbochimica, c'è anche quello di risulta del jet groundig, aumentando i costi di conferimento in discarica. Nei giorni scorsi, in municipio, Provincia, Comune, Agenzia per le opere pubbliche, Agenzia per la protezione dell'ambiente e Azienda sanitaria hanno fornito rassicurazioni sul fatto che la popolazione non corre alcun pericolo e il fastidioso odore di naftalene (sostanza altamente volatile), che potrà essere percepito, non causa danni data la bassa concentrazione.

Gli addetti allo scavo dovranno comunque obbligatoriamente indossare la maschera di protezione. All'interno, ci sarà un addetto, massimo due: un addetto all'escavatore che raccoglie il terreno inquinato e riempie il cassone. L'apertura ed il contatto con l'esterno è limitato all'ingresso della motrice per il trasporto all'esterno, quindi in discarica.

Monitoriggio continuo

Il monitoraggio è continuo, con le analisi condotte da Ecoopera all'interno e all'esterno per controllare le emissioni dai filtri di carboni attivi. Altre misurazioni saranno svolte al limite del cantiere.

Appa, inoltre, monitorerà l'impatto sui recettori, le case di abitazione più vicine che possono subire odori ed emissioni. Più problematico sarà quando il "cantiere mobile" del rio Lavisotto, che si trova sul lato est dell'ex Carbochimica, intercetterà più a sud la fossa Armanelli, questa sì piena di residui di piombo e piombo tetraetile dell'ex Sloi.

Il metodo di intervento sarà però lo stesso, con le stesse procedure di monitoraggio. Il forte odore di naftalene denunciato dai residenti è stato provocato dall'uso di macchine che hanno operato dall'esterno del capannone per realizzare lo zoccolo di cemento. Per il prosieguo, all'interno, saranno utilizzati mezzi più piccoli. Da monitorare è anche il comportamento della falda: vi sono sei pompe per asportare l'acqua in eccesso ed evitare di aprire la paratoia per il deflusso del Lavisotto. La vera incognita è cosa ci sia sotto i binari della ferrovia, dove sarà realizzato lo scavo profondo, fino a 11-12 metri del nuovo bypass. Il Comune ha chiesto a Rfi di eseguire le analisi per capire se e quanto inquinante, piombo tetraetile in primis, sia presente sotto la linea storica.

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