Accoglienza / Il problema

La Questura nega, ma il Comune conferma: “Centinaia di immigrati sotto i ponti di Trento”

Dopo il grido d’allarme del Centro Astalli verrà accelerata la procedura per le domande di asilo di oltre 200 pakistani. L’assessora Chiara Maule: “Il vero problema è la casa”

DENUNCIA "Centro Astalli: in centinaia sotto i ponti"

di Franco Gottardi

TRENTO. La Questura nega, il Comune conferma, la Provincia tace. Dopo il grido d'allarme lanciato dal Centro Astalli sull'emergenza immigrati, sui Centri di accoglienza straordinaria pieni e le centinaia di pakistani in attesa di riconoscimento per poter fare domanda di asilo, il questore Maurizio Improta ha tenuto una riunione con i referenti in Provincia e concordato di dare un'accelerata, per quanto di sua competenza, almeno al riconoscimento e alla registrazione delle oltre duecento persone che vogliono chiedere lo status di rifugiati ma ancora non hanno avviato l'iter.

«Ma tutta questa gente in realtà forse neanche vive a Trento e certamente non dorme sotto un ponte, sono persone che fanno domanda qui perché magari hanno già parenti in loco o tramite il passaparola» assicura Improta.

Diversa la percezione di Chiara Maule, assessora comunale alle politiche sociali: «Il problema c'è eccome. Proprio nelle ultime ore la lista di attesa per un posto letto a Casa San Francesco è salita al nuovo massimo: 168 richieste. Gli arrivi sono in aumento e la maggior parte purtroppo finisce sotto i ponti. Noi li vediamo, tramite le nostre unità di strada e la gente che lavora in questo ambito».

Ma non è solo l'aumento degli arrivi il problema; il collo di bottiglia che finisce per gettare ai margini l'ultimo dei pakistani sbarcati, o arrivati tramite la via dei Balcani, è la carenza di abitazioni, di alloggi dedicati all'accoglienza ma non solo.

Lo ripete da tempo Maule: «Il tema casa è dirompente e dirimente e se non si affronta quello i problemi ci saranno sempre. C'è un mercato privato a prezzi inaccessibili per chi finendo il percorso di accoglienza e inserimento e ottenuto lo status di rifugiato dovrebbe lasciare il posto letto ai nuovi arrivati. C'è una carenza strutturale di Itea, che come abbiamo visto dalle cifre degli alloggi vuoti non riesce a mettere a disposizione il suo patrimonio. Insomma, è gente povera che fa fatica a camminare da sola e questo mercato immobiliare certo non aiuta».

Anche il Questore Improta conferma le difficoltà nel ricambio nei posti letto, i 600 dei Centri di accoglienza straordinaria occupati da chi ha fatto domanda di asilo politico ed è in attesa di un responso dalla Commissione territoriale competente, che per il Trentino è quella di Verona, e gli 83 del sistema Sprar, quelli pagati dal ministero dove vanno le famiglie che hanno ottenuto il permesso di soggiorno ma ancora non riescono a camminare con le loro gambe.

«Io posso anche fare i controlli per vedere chi ha ancora il diritto di rimanere, ma cosa faccio di fronte a una mamma con i bambini che non ha alternative? La butto su una strada? Non è così che si risolve il problema». E come si può affrontarlo allora il problema? Maule concorda col Centro Astalli sulla necessità di tornare a un modello di accoglienza diffuso sul territorio, a riprendere i fili dell'integrazione nelle valli che in diversi casi avevano dato ottimi risultati. E ricordando come Fugatti abbia ridotto anni fa da 130 a 83 i posti Sprar, rinunciando anche a finanziamenti ministeriali per potenziare il sistema, auspica che la Provincia riconosca i problemi e riveda le proprie posizioni.

«Anche perché non può essere il Comune di Trento lasciato come regista unico; alla provincia spetta circa l'1% degli immigrati ma non devono essere tutti convogliati nelle città». Al questore l'assessora comunale lancia una proposta: «Sarebbe bello riuscire ad aprire un tavolo a tre, con la Provincia, per confrontarsi su questi temi».

Perché è vero che con l'emergenza della guerra in Ucraina tutto è diventato più complicato, le risorse e i permessi si sono concentrati su quei profughi. Ma gli sbarchi e gli arrivi dal Sud del mondo, o da Oriente come nel caso dei pakistani, non si è certo interrotto.

«E i poveri non sono di un colore o di un altro, da qualsiasi Paese provengano se ne hanno bisogno meritano il nostro aiuto».

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