Urbanistica / Il caso

Braccio di ferro sulla "nave" di Meano, l'Ordine degli Architetti: sarà abbattuta, proviamo profondo dispiacere

Alla fine il privato proprietario potrà buttarla giù e costruire un nuovo palazzo, decisivo il «silenzio assenso» del Comune di Trento che non ha risposto alla domanda di licenza, per i professionisti trentini un grave errore

STORIA La vicenda, spiegata bene

MEANO. La proprietà vuole abbatterla, l’architetto che l’ha ideata si oppone, la Soprintendeza dice che va tutelata, la giunta provinciale dà l’ok all’abbattimento, il Comune di Trento dorme e concede la licenza per una nuova edificazione grazie al suo «silenzio assenso».

E’ riassumibile così, in breve, la vicenda della «nave di Meano», il bizzarro edificio che corge poco sopra Gardolo.

Oggi prende ufficialmente posizione l’Ordine degli Architetti del Trentino.

«L’edificio unifamiliare “la Nave” di Meano è stato progettato dall’architetto Gian Leo Salvotti all’inizio degli anni Settanta e costruito nel 1975. Assieme al coevo edificio polifunzionale “Il Fantasma del Castello” a Martignano (1976), questo edificio segna un passaggio importante nella carriera di Salvotti: la lettura delle forme dell’edificio denuncia, infatti, un definitivo abbandono dei riferimenti al “Movimento Moderno” per approdare a una composizione costruita su “simbolismi astratti”, anticipando la fase “post-moderna” degli anni Ottanta e Novanta. L’edificio in questione, costruito con un uso sapiente del cemento armato, interpreta un’arca arenata e incagliata sul declivio di Meano, prospicente sulla val d’Adige e negli anni è diventato un elemento caratterizzante il paesaggio di questa parte della collina di Trento.

Ad oggi, l’edificio si presenta in evidente stato di degrado ed è inutilizzato.

Dopo una complessa vicenda amministrativa – ricorda l’Ordine – il titolo edilizio relativo alla demolizione e ricostruzione con ampliamento volumetrico, formatosi per silenzio assenso, è consolidato è si procederà quindi alla demolizione dell’opera, nonostante la Soprintendenza avesse dichiarato l’interesse culturale dell’opera.

Gli scriventi non possono che esprimere profondo dispiacere per la perdita di un’opera di grande interesse, sicuramente iconica di un’epoca, entrata nella memoria collettiva, proprio in una città ed in una provincia ove la tutela del patrimonio ambientale ed artistico è sempre stata una priorità assoluta.

Questa amara vicenda pone ancora una volta l’attenzione sul tema della tutela di tutto il patrimonio architettonico ed artistico della seconda parte del secolo scorso, che in Trentino popone edifici di notevole pregio, e che rischiano di essere cancellati per sempre.

Ad oggi non esistono strumenti normativi efficaci in tal senso».

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