Sociale / L’intervista

Emergenza abitativa, solo a Trento mille persone aspettano la casa Itea. L’assessora Maule: «La legge provinciale è vecchia»

Mille famiglie cercano un alloggio a basso prezzo, altre mille chiedono un aiuto per pagare l’affitto, e circa mille unità abitative private sfitte: «Le case popolari in Europa sono vicine al 20%. Da noi siamo sotto il 5%. La legge che norma Itea è superata, il mondo è cambiato»

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di Matteo Lunelli

TRENTO. Oltre mille famiglie a caccia di un alloggio Itea. E altre mille che hanno richiesto e ottenuto un aiuto per pagare l'affitto. Questo solo a Trento.

La fotografia dell'emergenza abitativa in città non può non preoccupare. «Il problema c'è ed è gigante, inutile girarci intorno», esordisce l'assessora comunale Chiara Maule, da sempre attentissima a questa tematica. 

Assessora, quli iniziative ha messo in campo il Comune?

Abbiamo creato il sostegno agli affitti e questo ha permesso di evitare che alcune persone e famiglie finissero per strada. Ma sappiamo bene che non è sufficiente.

L'impressione, caro bollette e caro vita alla mano è che i numeri siano destinati a crescere.

È vero e le richieste sono in aumento. E noi sappiamo che i numeri delle graduatorie non sono del tutto reali, perché alcune situazioni si "perdono". Inoltre c'è chi magari non chiede aiuto per la casa ma si rivolge ad associazioni come Caritas e Banco Alimentare. Inoltre, secondo me, ci vogliono relazioni con i comuni limitrofi, incrociando necessità e bisogni. Un osservatorio della città non basta, ne va fatto uno provinciale. Coinvolgendo anche l'Università

Tema del privato: si parla di mille appartamenti sfitti in città.

Il dato è indicativo, non è possibile fare un calcolo preciso perché le situazioni sono diverse. Con i privati abbiamo un progetto. Ci spieghi. Il macro tema è quello che dare semplicemente una casa può non bastare. Dire "ecco le chiavi, ora arrangiati" è sbagliato. Queste persone hanno bisogno di stabilità anche per il lavoro, nella società, nella propria famiglia. Per questo ci proponiamo come accompagnamento all'abitare. E chissà che questo non convinca chi ha degli appartamenti sfitti ad affittarli.

Il Comune potrebbe in sostanza garantire per queste persone.

Con una progettualità sì. Noi non possiamo creare un fondo casa e non possiamo semplicemente pagare gli affitti. Il problema è più ampio e va oltre i soldi. È una questione culturale e di apertura mentale. Noi potremmo accompagnare queste persone in difficoltà e questo rappresenterebbe una garanzia per il privato, magari reduce da esperienze negative in passato. Insomma, il pubblico potrebbe dare una mano a pagare l'affitto e aiutare chi entra nelle case. Chiaramente un privato può fare ciò che vuole con le sue case. Ma questi progetti potrebbero rappresentare una leva importante.

Il canone moderato è una buona risposta, sia per le famiglie sia per i giovani: pagare il 30% in meno non è male.

Anche perché quei soldi risparmiati poi tornano in circolo.

Esatto: o vengono spesi facendo girare l'economia o vengono messi da parte per poi poter acquistare casa. Tuttavia quei fondi li stiamo finendo e non ci sono previsioni per il futuro a livello provinciale. Le case popolari in Europa sono percentualmente a doppia cifra, vicine al 20%. Da noi siamo sotto il 5%. La legge che norma Itea è vecchia, ha più di vent'anni. Nel frattempo le esigenze sono cambiate, il mondo è cambiato.

La prima domanda è: l'aiuto di una casa popolare è per la vita o è temporaneo?

Ad oggi è per la vita, dicono i numeri. Chi ne ha potuto godere per decenni ha inevitabilmente tolto la possibilità ad altri, una "rotazione" non c'è stata. Poi, sia chiaro, ci sono famiglie e persone che, magari per qualche disabilità importante, non potranno mai "camminare da sole". Quella legge va ripresa in mano.

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