Sanità / L’iniziativa

Siglato un accordo tra Apss e Associazione Alzheimer: otto bambole per curare le demenze

Si cercherà così di suscitare familiarità nei pazienti afflitti da malattie degenerative. Questi sono oltre 8000 nella sola provincia di Trento, e il tasso di crescita è preoccupante

di Ilaria Puccini

TRENTO. Occhioni dallo sguardo defilato o strabico, espressioni sorridenti, manine e piedi tozzi, peso pari a quello di un neonato, vestitini dai colori poco aggressivi. Tutto, nelle otto bambole terapeutiche donate dall'Associazione Alzheimer Trento al Centro Disturbi Cognitivi e Demenze dell'Azienda Sanitaria in seguito ad un accordo siglato il 30 settembre, è pensato per suscitare familiarità nei pazienti afflitti da malattie degenerative. Questi sono oltre 8000 nella sola provincia di Trento, e il tasso di crescita è preoccupante. Ma non bisogna confondersi: quelli che a prima vista parrebbero giocattoli un po' strani sono in realtà vere e proprie attrezzature mediche di una nuova disciplina, la "doll therapy", il cui esercizio prevede formazione, metodi e tempi precisi.

«È un approccio originario della tradizione di Gentle Care nordeuropea e che nonostante il numero di studi ancora ridotto ha già ottenuto pieno riconoscimento scientifico - spiega la Dottoressa Eleonora Lombardi del centro - tanto che trova spazio nelle linee guida sia del piano nazionale che del piano provinciale per le demenze, che promuovono l'appropriatezza nell'uso dei farmaci. Se effettuata con efficacia, questa terapia può aiutare a attenuare in misura variabile l'uso di sedativi».

Ma come funziona di preciso? «Le bambole sono indicate soltanto per coloro che soffrono della malattia in fase avanzata, al punto in cui non distinguono più tra reale e immaginario, quando anche una fotografia sembra vera - continua Lombardi - questi pazienti, le cui capacità di espressione orale sono spesso compromesse, si appoggiano largamente alla comunicazione non verbale. Lo sguardo diretto verrebbe percepito come un segno di sfida e potrebbe addirittura spaventarli. Al contrario, le forme rotonde li tranquillizzano e suscitano istinti materni sia nelle donne che negli uomini». Oltre a combattere l'apatia, a volte si recuperano anche piccoli movimenti motori e gesti di cura come le carezze o la messa a dormire, intercettando e riattivando le aree cerebrali connesse all'affettività e all'emotività. E se il nome di ogni bambola verrà lasciato scegliere alla famiglia a cui sarà prestata, l'usodovrà tuttavia essere oculato.

«Vanno introdotte e rimosse dalla vita del paziente in maniera graduale, senza insistere se ci si trova davanti a un rifiuto. Si deve anche evitare che si crei un legame simbiotico tra il pupazzo e l'assistito» spiega la geriatra. I prossimi passi prevedono la formazione dei caregiver che assegneranno le bambole ai pazienti compatibili con la terapia, oltre a un monitoraggio dei risultati portati dalla cura. Altra novità non di minor importanza nell'accordo è l'istituzione di nuovo punto d'ascolto situato negli ambulatori del centro disturbi cognitivi e demenze, e che renderà più stretta la collaborazione con l'ente di volontariato.

«In realtà abbiamo solo formalizzato una sinergia presente da anni - commenta Lombardi - l'associazione svolge un ruolo fondamentale nell'ingresso alla rete di sostegno per il paziente e i suoi familiari. Grazie al dialogo tra persone che hanno vissuto esperienze simili, ci si sente incoraggiati ad un confronto diretto e spontaneo senza temere la reverenzialità del medico: solo nel caso di situazioni particolarmente gravi, su volontà del paziente, si interviene con gli operatori sanitari dislocati nelle sedi territoriali».

La speranza è che grazie uno sportello integrato in queste strutture, in una stanza dedicata, la comunicazione tra pazienti, volontari e specialisti sia ancora più efficace. Soddisfazione è stata espressa anche dal direttore dell'Associazione Alzheimer Renzo Dori.

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