Elezioni comunali a Trento: no al riconteggio dei voti, il Tar boccia il ricorso di Martini

Il Tar ha respinto il ricorso elettorale presentato da Carmen Martini. La candidata alla carica di sindaco di Trento per il Movimento 5 stelle lamentava presunte gravi irregolarità chiedendo «il riconteggio delle schede elettorali delle elezioni amministrative del Comune di Trento sia per quanto riguarda le schede per l’elezione alla carica di sindaco e consiglieri comunali sia le schede per le diverse circoscrizioni». Secondo i giudici (presidente Fulvio Rocco) il ricorso è «in parte inammissibile ed in parte infondato in quanto la domanda giudiziale della ricorrente è generica e puramente esplorativa, e comunque non supportata da alcun principio di prova».
Il 23 ottobre scorso la candidata del M5S si era rivolta al Tar sostenendo che emergerebbero irregolarità «gravi e circostanziate», che «potrebbero portare ad un’invalidazione dei conteggi di vari seggi/circoscrizioni», e quindi chiedeva il «riconteggio delle schede elettorali».
Secondo Martini «dall’analisi del voto nelle singole circoscrizioni e della comparazione tra i medesimi ed il risultato della lista M5S e nell’elezione alla carica di sindaco e per il rinnovo del consiglio comunale emerge una differenza significativa tra le preferenze espresse che vanno oltre il ragionevole margine di errore». In particolare, secondo la ricorrente, «anche in comparazione al risultato raggiunto dalle altre liste, è pacifico affermare che la maggior parte degli elettori che ha espresso la preferenza per una lista in circoscrizione ha riportato quella preferenza anche in consiglio comunale»; invece, nel caso delle liste MoVimento 5 Stelle i voti attribuiti nelle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale sono sistematicamente inferiori a quelli attribuiti nelle elezioni per il rinnovo dei consigli circoscrizionali. Come esempio si indicavano le circoscrizioni di S.Giuseppe-S.Chiara e Oltrefersina dove si registrava una differenza di 94 e 79 voti. Secondo la ricorrente questa differenza poteva essere«sintomatica di potenziali anomalie», specie se si tiene conto che le elezioni amministrative del 2020 «hanno registrato circa 1.012 schede non valide a fronte di 824 schede non valide nel 2015 segnando un chiaro aumento di schede non valide che potrebbero essere indice da una parte di carenza nella corretta comunicazione delle modalità di voto, dall’altra potrebbe essere emblematica di discrepanza tra il risultato finale e quello reale espressione della cittadinanza». Inoltre, sosteneva la candidata, nelle operazioni svoltesi al Seggio centrale nella giornata del 22 settembre «sono risultate alcune anomalie non riscontrabili dai verbali ufficiali ma contestate dai presenti: da alcuni seggi (ad esempio dal seggio 2) è arrivata della documentazione incompleta, nella fattispecie era mancante il verbale del seggio all’interno del plico pervenuto al seggio, in altre circostanze i verbali sono pervenuti incompleti o non correttamente compilati».
Argomentazioni che però sono state respinte dal Tar perché troppo generiche. «La ricorrente - si legge in sentenza - non ha allegato alcun principio di prova idoneo a suffragare le proprie affermazioni; in particolare ella non ha prodotto dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà sottoscritte dai rappresentanti di lista presenti allo spoglio, le quali ben avrebbero potuto integrare un principio di prova sufficiente a far sospettare una condotta illegittima degli uffici elettorali e, quindi, indurre questo Tribunale a valutare la possibilità di disporre il riconteggio delle schede».

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