Il meraviglioso affresco ritrovato su palazzo Niccolini in piazza Pasi rende Trento ancora più bella

Da decenni era coperta da intonaco color mattone. Ma la facciata di casa Niccolini che si affaccia su piazza Pasi, sopra all’omonimo bar, custodiva da secoli una serie di affreschi, venuti ora alla luce nel corso di lavori che dovevano essere di semplice tinteggiatura, ma che si sono trasformati in una vera e propria opera di restauro.

Le immagini ritraggono una grande scena centrale con la Madonna (è la scena della "Traslazione della Santa Casa di Nazareth" dove visse Gesù arrivata in volo nella chiesa di santa Maria di Loreto. Il paesaggio rurale alle spalle, infatti, riporta i nomi delle località intorno a Loreto, da Osimo a Sirolo). Ai lati altre figure religiose come quelle di san Sebastiano e san Rocco, e un Cristo che versa il sangue dal costato nel calice, Nella parte bassa, lo stemma madruzziano: pitture che risalgono al 1574 come riporta un cartiglio. A fine lavori andranno a impreziosire uno degli angoli già di per sé più caratteristici del centro.

Grazie anche e soprattutto all’impegno delle proprietarie, le sorelle Lorenza, Paola e Cecilia Niccolini. saranno loro a dover far fronte alla quasi totalità delle spese, non da poco. «Tutto è stato scoperto a marzo. Non era ancora scattato il lockdown e i lavori stavano procedendo», spiega Lorenza Niccolini: «Le mie sorelle e io - prosegue - volevamo tirar giù un po’ di croste, mettere mano alla pittura della facciata. Una sistemazione accurata, ma nulla di più. Una mattina, ricordo che abbiamo sentito gli operai parlare di affreschi: stavano rimuovendo gli ancoraggi di vecchi cavi, telefonici e elettrici, rimossi da tempo. Scavando in profondità nella parete hanno iniziato a trovare le prime tracce delle opere».

A quel punto come da prassi è stata informata la Soprintendenza per i beni culturali: «Abbiamo dovuto operare velocemente, in corso d’opera è il caso di dire, per sottoporre anche quella parte dell’edificio a vincolo, per poi lasciare spazio ai restauratori», ha spiegato il dirigente a capo della Soprintendenza, Franco Marzatico.

È a questo punto che l’impegno delle sorelle Niccolini è risultato decisivo: «Noi pensavamo che tutto sarebbe stato seguito e curato dalla Provincia, ma ci è stato detto subito che saremmo state noi a doverci occupare delle spese. Avevamo di fronte due possibilità: quella di mettere in sicurezza gli affreschi e ricoprirli e quella, più dispendiosa, della piena valorizzazione. Abbiamo deciso di impegnarci in questo senso, anche se dal preventivo iniziale di 70mila euro siamo già balzati a circa 140mila e ancora non si è capito a quanto si arriverà. Ci sembrava però doveroso mettere a disposizione di tutti questo patrimonio».
Per questo le sorelle Niccolini non nascondono la loro delusione, nel non aver ricevuto né un messaggio, né un aiuto simbolico, quantomeno dal Comune: «Nessuno si è fatto vivo. A fronte del lievitare delle spese avevamo chiesto che almeno l’amministrazione si accollasse il contributo per l’occupazione del suolo pubblico, ma ci è stato risposto negativamente».

Ora il lavoro curato dalla restauratrice Francesca Raffaelli - assieme ad altri tre colleghi - e seguito dagli architetti Fabio Campolongo per la struttura e Salvatore Ferrari dal punto di vista storico artistico è pressoché giunto al termine. Tutti hanno collaborato attivamente con l’impresa che stava curando gli interventi iniziali, la Nerobutto, che ieri ha ultimato la rimozione dei ponteggi. Di pari passo con il lavoro di restauro sta procedendo anche quello di analisi dell’opera, per risalire agli autori: «In base a quanto raccolto finora - ha spiegato Marzatico - gli affreschi sembrano essere di scuola veneta, probabilmente frutto di un lavoro a più mani».

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