Grazie al vento in città e nei sobborghi quest'estate ci sono meno zanzare tigre

di Daniele Benfanti

Merito del vento. Quest’anno, in questo primo scorcio d’estate, la presenza della zanzara tigre a Trento sembra più contenuta.
Lo dicono i dati rilevati nelle 47 ovitrappole disseminate dal Comune in città e sobborghi al di sotto dei 600 metri di altitudine e monitorati dagli esperti del Muse. Alessandra Franceschini è una idrobiologa della sezione Zoologia degli invertebrati e idrobiologia del Museo delle Scienze: «Al monitoraggio della scorsa settimana - spiega la ricercatrice - abbiamo rilevato 2.500 uova, contro le 3.900 dello stesso periodo dell’anno scorso.

Il rilevamento del 10 giugno ha portato al riscontro di 500 uova, a fronte delle 800 dello stesso periodo del 2019. Ma aspettiamo: il picco sarà alla fine di agosto e solo allora potremo trarre un bilancio definitivo».

Il periodo che va da metà luglio a metà agosto è il più favorevole alla proliferazione della zanzara tigre. Un insetto importato a fine secolo scorso dal Sud-est asiatico. Rilevato a Rovereto a fine anni Novanta e dal 2008 «censito» anche a Trento.

«La zanzara tigre si sposta al massimo di duecento metri nelle sue poche settimane di vita. Pensate che per spostarsi da Rovereto a Trento ha impiegato dieci anni. Quest’anno le condizioni ideali ci sono tutte: caldo di giorno, piogge serali. Ma il vento di queste settimane probabilmente ha ridotto le possibilità di movimento delle femmine, che sono quelle che vivono di più, fino a due mesi, e che nel corso della loro vita depongono circa 400 uova, ma in più fasi, circa 10 alla volta, e in più luoghi».

I luoghi ideali per il proliferare di questo insetto sono i ristagni d’acqua: tombini, sottovasi, annaffiatoi, grondaie. «Ma basta un tappo di bottiglia un po’ umido, con una temperatura di 25 gradi, e dall’uovo, in una settimana, si passa a un adulto che depone a sua volta delle uova. È un ciclo velocissimo. Le zanzare tigre hanno un fiuto sviluppatissimo per l’acqua e? per l’uomo».

Il calo apparente di quest’anno, però, non fa dormire sonni tranquilli agli esperti del Muse e della Fondazione Mach.

Negli ultimi anni la zanzara tigre e altri insetti alloctoni e infestanti si sono alzati di quota, complici inverni sempre più miti. Nei centri abitati del Bondone, ad esempio, in un progetto di ?citizens science?, alcuni cittadini di Candriai, Sopramonte, Vaneze e Vason sono impegnati nel monitoraggio delle ovitrappole (sono vasetti come quelli di yoghurt, neri, per ricreare l’ambiente buio e con acqua e un legnetto sporgente), con un campionamento ogni 15 giorni. L’anno scorso la zanzara tigre è arrivata con numeri importanti a Montevaccino, sporadicamente a Candriai, con un uovo persino a Vaneze.

Dal bellunese, attraverso la Valsugana, negli ultimi due anni è arrivata anche la koreicus, o zanzara coreana, molto simile alla tigre, capace di resistere bene anche ai rigori invernali. Alcune persone sono molto sensibili alle punture di tigre e koreicus, intolleranti alla sorta di anestetico che iniettano nel nostro sangue prima di cibarsene, per fluidificarlo e rendere il «prelievo» più veloce.

Queste zanzare sono anche vettori di alcune malattie, come dengue, chikungunya e zika, ma «se non ci sono persone infette da altri continenti o di ritorno da viaggi, il problema non si pone» rassicurano i ricercatori. Il cambiamento climatico ha portato anche a Trento, quest’anno, sempre più locuste e cavallette, che prediligono le pareti esposte a Sud. Novareti, contro la zanzara tigre, effettua disinfestazioni periodiche dei tombini della città: sono stati abbandonati i larvicidi chimici in favore di un larvicida biologico, il bacillus thuringiensis, un organismo naturale che attacca le larve e si lega alla specie. A differenza dei prodotti chimici, inoltre, non altera quegli invertebrati che poi sono cibo per la fauna ittica. La lotta alla zanzara tigre è aperta, ma la stagione estiva è iniziata con un 1-0 per chi cerca di limitarne la diffusione.

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