Troppo caldo: in dicembre ci sono le piante in fiore

di Giacomo Poletti

Fateci caso: a Trento gli alberi hanno ancora le foglie a due settimane dal Natale. Normale o anomalo? Gli esperti optano nettamente per la seconda ipotesi. «Il clima più caldo sta facendo perdere alle piante il loro calendario di riferimento. Fino a qualche giorno fa si trovavano in fiore specie tardo-estive mentre ora si vedono in fioritura piante tipicamente primaverili, nonostante l’inverno debba ancora cominciare» spiega Giulia Tomasi, botanica della Fondazione Museo Civico di Rovereto. Responsabili evidenti, le temperature elevate. Con una costanza da non avere precedenti storici. «Diciamo che si tratta sicuramente di una stagione particolare, non solo per le piante arboree, tra le quali molte specie non sempreverdi che in fondovalle stentano a perdere le foglie, ma anche per le erbacee. Ad esempio in questo momento a quote basse si scorge già qualche primula fiorita. Di norma le si vedono a fine inverno, non certo a inizio dicembre».

Un giro a Trento rende bene l’idea, ma è tutta la val d’Adige a trovarsi in una fase di fatto autunnale. E fra i contadini ora sorge il problema delle potature: i filari di meli sono verdi, mentre gran parte delle qualità (in primis quelle a buccia rossa) avrebbero dovuto perdere le foglie a metà novembre. Le prime potature sulle viti nei versanti intorno a Trento sono in ritardo per la presenza delle foglie e di linfa, mentre le api continuano beate a volare non solo nella parte centrale del giorno. Tanti gli alberi al massimo appena ingialliti: i pioppi in via Brennero nella zona del cavalcaferrovia; oppure più a nord, a Gardolo, dove si trovano carpini e tigli verdi come in estate. Pure in centro i vegetali sono lontani da una tenuta invernale. Fra il Tribunale e piazza Garzetti le acacie sono rigogliose, lo sono pure gli alberi di piazza Fiera e piazza Dante.

Il motivo di tutto questo sta nel clima, o meglio nel cambiamento climatico. Il meteofilo Flavio Toni tiene i dati a Trento Sud dal 1977. Un quarantennio di valori meteorologici rilevati sempre nello stesso luogo, senza cambiamenti particolari del terreno nei dintorni, che tracciano un aumento impietoso delle temperature, con le gelate, determinanti nel far cadere le foglie, che latitano. «Il gelo? Si è ridotto drasticamente. Negli anni ‘70 e ‘80 registravo praticamente una media di oltre 100 gelate (temperature minime del giorno sotto gli zero gradi, ndr) all’anno, con punte di 120. Del resto si pattinava su ghiaccio naturale in diversi impianti del centro città. Negli ultimi 5 inverni siamo in un’altra era climatica, abbiamo avuto sempre da 39 a 73 gelate all’anno, quindi parecchio distanti dai valori di venti/trenta di anni fa». E così gli alberi più datati si sono sviluppati in un clima via via più caldo, con il risultato di dipingere la città di «verde» (di bianco neve, nemmeno parlarne) alla soglia del Natale.

Tutto collima, insomma, con le previsioni dell’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change, il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico), che prevedono un aumento di temperatura cospicuo e continuo se l’uomo non cesserà di produrre anidride carbonica bruciando carbone e petrolio. Flavio Toni fornisce una seconda considerazione che testimonia l’accelerazione del caldo in Trentino: «Rispetto alla media recentissima degli ultimi dieci anni, già molto più calda del passato, gli ultimi 8 mesi del 2018 sono risultati tutti più caldi». Un’escalation inarrestabile, una nuova frontiera climatica che manifesta i suoi effetti pesanti sulla vegetazione e sui paesaggi delle Alpi.

 

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