Il ritorno della processionaria E ripartono le segnalazioni

di Nicola Maschio

Il problema della processionaria si ripresenta, puntualmente, non appena si scorgono i primi segnali della primavera.
Ancora una volta sono infatti numerose le segnalazioni relative al lepidottero e al nido che lo contraddistingue, in particolare nelle zone collinari ad est della città di Trento.

L’insetto ha da sempre rappresentato un problema molto serio e ricorrente, tanto per piante (ne compromette il ciclo vitale) quanto per animali e soprattutto esseri umani. Occorre in questo caso citare il grave caso dello scorso aprile 2017: un bambino, entrato in contatto con l’insetto proprio nel periodo in cui quest’ultimo scende dall’albero, aveva infatti rimediato una vasta dermatite su collo, pancia e braccia. Un responso che tuttavia ha etichettato il ragazzo come «relativamente fortunato», dato che se si fosse dimostrato intollerante avrebbe potuto riportare conseguenze ben più gravi.

E come detto in precedenza, puntuali quanto l’insetto si sono già accumulate le diverse segnalazioni. A cominciare dalla zona di Povo un paio di settimane fa, quando attraverso Facebook una madre ha evidenziato due file di processionarie sul marciapiede, allertando famiglie e padroni di animali domestici. Gli stessi, questi ultimi, che spesso e volentieri si ritrovano a portare fuori il cane con l’ansia di assistere a spiacevoli episodi. La processionaria infatti, presente prevalentemente sulle piante di pino nero e silvestre, rappresenta un vero pericolo per gli amici a quattro zampe, dato che i peli orticanti dell’insetto sono velenosi e possono provocare forti reazioni allergiche o mortali se inalati.

Anche in zona Villazzano la situazione non sembra essere delle migliori, così come nella Valle dei Laghi e a quote più basse. Ad esempio a Melta di Gardolo, dove i padroni dei cani hanno manifestato il loro timore nel portarli a spasso.

Cosa fare dunque? In passato le autorità erano state sollecitate con scarso successo. Anche se c’è chi ha segnalato la questione in Comune già un mese fa, ottenendo questa volta un riscontro immediato e positivo con una bonifica sulle piante malate al fine di garantire la sicurezza dei cittadini. Il problema sembra però risalire agli anni ‘70, quando in provincia di Trento sono stati piantati numerosi pini neri austriaci al fine di garantire più humus una volta che questi ultimi fossero caduti, vista la loro rapida decomposizione.

Anche se, scavando ancora nella storia di queste piante, si percorre a ritroso una storia che arriva al 1885, quando a più riprese e con motivazioni diverse questo arbusto è stato progressivamente introdotto sul territorio trentino. Pini che però sono l’habitat perfetto per lo sviluppo del bozzolo bianco, il nido della processionaria, la quale come detto si nutre della linfa dell’albero stesso.

Darsi da fare per conto proprio, al fine di contrastare la crescita dell’insetto, è una pratica sconsigliata. Questo perché la processionaria, per difendersi dal pericolo, può liberare nell’aria migliaia di peli urticanti. Ciò che rimane da fare è dunque segnalare la presenza del lepidottero alle autorità, oppure al proprietario di una zona privata che, stando al decreto ministeriale del 2007, è obbligato a bonificare la zona infettata.

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