La guerra di Piedicastello alla tangenziale Vittoria dopo 44 anni

di Franco Gottardi

Sono passati 44 anni dai «giorni della tenda», le tre settimane di mobilitazione in cui l’intero quartiere, ma anche pezzi importanti di città, si unirono nella battaglia avviata da un manipolo di giovani che si battevano per salvare Piedicastello, minacciato dalle strade e dal traffico. Ora come allora il cuore del sobborgo era squarciato e trasformato dalle ruspe in un grande cantiere; le prospettive però erano opposte, all’epoca stava venendo avanti il distruttivo progetto di nuova tangenziale che passava accanto alla piazza, a venti metri dalla chiesa, cancellava l’asilo e sfiorava la scuola elementare mentre oggi si cerca di ridare un’anima al borgo, cancellando quello stradone e allargando la piazza.

La prospettiva della rinascita di Piedicastello riporta con la memoria alle lotte degli anni Settanta, a quella tendina piantata sul terreno della parrocchia, concesso dall’allora parroco Lionello Corradini, visto il rifiuto delle autorità di concedere lo spazio pubblico. «Noi abitanti denunciamo a tutta la popolazione l’irresponsabile atteggiamento delle autorità locali che non vogliono dare una soluzione efficace ai problemi sorti con lo sventramento del rione» si leggeva nella petizione avviata in quel periodo per cercare di bloccare il disastro. La battaglia fu persa e la tangenziale costruita, ma forse già all’epoca con quella mobilitazione si gettò il primo seme dell’attuale rinascita.

Gli striscioni, i cartelloni e i documenti dell’epoca riempiono due intere valigie e sono stati «riesumati» da tre di quei giovani attivisti dell’epoca, Ezio Paris, Lucia Bragagna e Paolo Martinello. I loro ricordi si rincorrono e si accavallano nel racconto di un’epoca devastante per il rione ma che mobilitò le coscienze e portò a galla l’orgoglio e la passione della borgata.

I guai per lo storico quartiere e i suoi abitanti erano iniziati più di dieci anni prima, nel 1963, quando per la paura di crolli dalle pareti del Doss Trento (eravamo nel periodo della tragedia del Vajont) furono sgomberate 130 abitazioni con più di 300 persone. Alcune abitazioni furono abbattute, nelle altre la gente tornò alla chetichella qualche anno dopo. Intanto veniva avanti il progetto della nuova tangenziale, utile e necessaria ma non certo in mezzo all’abitato. Invece governanti e progettisti decisero di passare accanto al fiume con un grande svincolo a quadrifoglio a due passi da Sant’Apollinare e dalla piazza, sfiorando la scuola e l’asilo. Ma il paese «asfaltato» a quel punto si ribellò. Nacque il comitato che prese casa al civico 11 della piazza.

Il nucleo di attivisti era composto, oltre che da Paris, Bragagna e Martinello, da Paolo Rinaldi, Lorenza Pretti, Maurizio Pretti, Mariano Pretti, Giancarlo Turri, Luciano Raffaelli, Mario Postinghel, Giuliana Apollonio, il papà Pietro Apollonio, Tullio Uez, Giuseppe Giovannini, poi meglio conosciuto come «Bepi Sloi».


Era un periodo di fermento in città, come nel resto d’Italia. I comitati di quartiere spuntavano un po’ ovunque, alimentati da una grande domanda di partecipazione, voglia di lottare e di resistere alle sopraffazioni con obiettivi qualificanti come la salvezza di un parco o un’area verde. In alcuni casi vinsero, come per il parco Santa Chiara, sottratto alla speculazione edilizia; in altri persero, come a Piedicastello. «Sono però convinto che furono gettate allora le basi per i risultati di oggi» sostiene Ezio Paris.

«Piedicastello non morirà» era lo slogan di una manifestazione che il 28 marzo del 1974 percorse le vie del centro per concludersi nell’ufficio del sindaco Edo Benedetti. Come alternativa il comitato aveva sposato l’idea dell’architetto Giorgio Ziosi, all’epoca consigliere comunale comunista, che prospettava la copertura completa della tangenziale. Ma la strada ormai era segnata, gli espropri proseguirono e l’opera fu inaugurata nel 1980.

Ma Piedicastello era il quartiere martire e tutti lo sapevano. Era solo questione di tempo per chiedere il riscatto. E così avvenne. Negli anni Novanta a palazzo Thun si insediò Lorenzo Dellai, sindaco sensibile alle istanze dei «pedecasteloti». Il Comune, pur non avendone la competenza, si attivò per progettare una tangenziale alternativa facendo pressing sulla Provincia.



Nel 1997 la gente tornò in piazza per sostenere il progetto di rinascita che poi, con Dellai governatore, effettivamente partì. «Fu un’utopia realizzata. Lottavamo contro i giganti e riuscimmo a spuntarla» commenta Martinello. Il traffico di attraversamento è stato deviato sotto la montagna già da diversi anni, le gallerie a doppia canna sono diventate un museo e il vecchio sedime un parcheggio. Ora è la volta della restituzione della piazza, per completare l’opera. «Una bella soddisfazione dopo 45 anni, anche perché adesso dove abitavamo noi vivono le nostre figlie» racconta Lucia Bragagna. È la chiusura di un ciclo, la dimostrazione che una battaglia, se giusta, alla lunga darà comunque i suoi frutti.

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