Clochard vive sulla panchina E i residenti si ribellano

Ci hanno provato in tutti i modi a dargli una mano, i vicini e qualche parente prima di tutto ma poi anche la Lega e i servizi sociali del Comune. Niente da fare. Il clochard che risiede sulla panchina dell’autobus di via Gramsci, non si vuol fare aiutare. E adesso una parte del quartiere inizia ad essere decisamente stanca.

Anche gli abitanti della palazzina Itea che sta di fronte alla fermata all’inizio, quando l’uomo era appena finito in strada, lo aiutavano; così come i negozianti che lavorano a piano terra. Ora però con loro i rapporti si sono decisamente incrinati. Raccontano di fatti spiacevoli e comportamenti sopra le righe le signore che vivono lì.

L’uomo per un periodo si era sistemato nei corridoi delle cantine ma vista la sporcizia e i «ricordi» lasciati sono stati costretti a mettere una serratura e chiudere a chiave. Ma ad appesantire il clima e alimentare il rancore ci sono soprattutto le serate passate dall’uomo nell’appartamento di un amico.

«Io ho 81 anni e sono invalida, dovrei avere una vita tranquilla e invece ci sono giorni in cui non si riesce a chiudere occhio» racconta una signora. Altre mostrano le tracce delle ditate marroni lasciate in qualche occasione sul muro e sui campanelli della casa. Una negoziante ha addirittura fotografie e video dell’uomo mentre fa i propri bisogni in quel fazzoletto di prato che sta dietro alla fermata dell’autobus, incurante anche del passaggio di mamme con i bambini della scuola materna che sorge lì a pochi passi.

Insomma tutta un’altra storia rispetto a quella raccontata da lui e da chi nel circondario continua ad aiutarlo.

«Anche noi familiari abbiamo cercato di tirarlo fuori da quella situazione - racconta una nipote - e io nonostante due figli me lo sono preso in casa per un mese. Ma purtroppo non è servito a nulla. Forse avrebbe bisogno di cure». Il fatto è che non sembrano esserci le condizioni per un ricovero coatto.

Anche dal Comune arrivano notizie che smentiscono l’immagine dell’uomo mite che chiede un umile lavoro per tirare avanti con dignità. «Abbiamo tentato più volte di trovare una strada per dargli una mano ma si è sempre rifiutato. Quando gli stata data una stanza da due con bagno in via Cervara ha resistito solo qualche giorno. Gli chiedevamo solo di non portare in stanza alcolici e di stare alle regole. Niente da fare» raccontano a palazzo Thun. Anche alcuni consiglieri comunali della Lega all’inizio avevano tentato di dargli una mano, ma senza risultati. Tanto che adesso si schierano dalla parte degli inquilini che chiedono si faccia qualcosa per sollevarli loro da una situazione diventata scomoda.

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