Sfruttati e minacciati dai commercianti cinesi: i dipendenti si ribellano e denunciano tutto
A finire nei guai una coppia di imprenditori che vive a Rovereto e gestisce diversi bazar in città ma anche a Trento, a Tione, a Borgo Lares e a Bronzolo. Le presunte vittime sono tutti commessi pachistani costretti, stando alla procura, a lavorare almeno dieci ore al giorno senza riposo o ferie e con salari da fame
ROVERETO. Due imprenditori cinesi residenti a Rovereto - B.K. di 40 anni e la compagna L.S. di 39 - sono finiti a processo per estorsione e per sfruttamento di manodopera. Parliamo di reati che, in caso di condanna, potrebbero costare ai due imputati dai cinque anni di galera in su. Il dibattimento è stato rinviato al 26 marzo 2026 per consentire ai testimoni, tutti pachistani, di venire a deporre in aula.
Accanto al procedimento penale, d'altro canto, c'è anche una causa davanti al giudice del lavoro.La vicenda finita a palazzo di giustizia - dopo il caso degli operai sfruttati, secondo la procura, da una fabbrica che produce carta, la Euro K2 - ha diramazioni in tutto il Trentino.
I commessi, infatti, lavoravano per alcuni grandi negozi cinesi di Rovereto ma anche di Trento, Tione, Borgo Lares e Bronzolo. Dipendenti, come detto, che stando all'accusa dovevano rimboccarsi le maniche almeno dieci ore al giorno, non potevano godere di ferie e, chiaramente, erano sottopagati. Insomma, una vita professionale d'inferno alla quale erano costretti anche per evitare di perdere il posto e, di conseguenza, il permesso di soggiorno.
A far avviare le indagini, circa un lustro fa, è stato proprio uno dei dipendenti assunto in un bazar della città della Quercia. Stufo delle angherie, del salario da fame e dei turni massacranti a cui era sottoposto un bel giorno ha detto basta. E con lui anche un suo collega che, invece, era stato costretto sotto minaccia ad intestare la sua carta prepagata dove gli veniva versato lo stipendio ad un socio in affari del suo capo. Insomma, una situazione, a detta delle parti lese, insostenibile ed assolutamente degradante.
Del caso, dopo la prima segnalazione a cui ne sono seguite altre, si sono occupati il commissariato di polizia di Rovereto e la guardia di finanza di Trento e di Tione. E l'inchiesta ha portato al rinvio a giudizio della coppia cinese che, come detto, gestisce diversi negozi in provincia. E i titolari dei vari esercizi commerciali, di fatto, erano gli stessi anche se l'accusa insiste sul reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro visto che il reclutamento di manodopera avveniva per conto terzi. In pratica i commessi pachistani erano destinati ad uno dei tanti bazar gestiti dai due imputati ma anche da altri soci.
La pena massima prevista in questi casi è di otto anni di reclusione, sempre che si riesca a dimostrare la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi stipulati dai sindacati più rappresentativi a livello nazionale o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.