Femminicidio

Le urla di Iris Setti prima dell’omicidio: le motivazioni della condanna di Chukwuka Nweke

“Lucido, violento e non si è mai pentito”. Nella sentenza si ripercorrono i fatti di quel maledetto giorno. Dalla rapina a "Il portico", all'aggressione mortale al parco Nikolajewka, alla fuga dell'uomo fermato a poca distanza dai carabinieri armati di taser

IRIS "Una persona ben voluta da tutti, gentile e affidabile"
IL DELITTO Iris Setti uccisa a Rovereto, possibile il tentativo di rapina

di Mara Deimichei

ROVERETO. Una «grave propensione al crimine e una ferma e lucida accettazione del rischio delle gravi conseguenze». E anche, una condotta violenta ed aggressiva e mai «un segno di pentimento per quanto commesso». Così Chukwuka Nweke viene descritto dai giudici della corte d'assise di Trento che in160 pagine hanno spiegato perché l'uomo, riconosciuto colpevole dell'efferato omicidio di Iris Setti la sera del 5 agosto 2023 è stato condannato all'ergastolo (con un periodo di isolamento diurno).

Condannato per omicidio volontario aggravato dalla rapina, violenza sessuale e rapina ai danni di un senzatetto che aveva incontrato a "Il portico". Una pena pesante quella all'ergastolo, la più afflittiva riconosciuta dall'ordinamento italiano, per un crimine che ha strappato con inaudita forza la vita ad Iris Setti e ha sconvolto la comunità di Rovereto. Nella sentenza si ripercorrono i fatti di quel maledetto giorno. Dalla rapina a "Il portico", all'aggressione mortale al parco Nikolajewka, alla fuga dell'uomo fermato a poca distanza dai carabinieri armati di taser.

Lucido

Il primo argomento ad essere analizzato dai giudici è quello della capacità di intendere e di volere nel nigeriano. Capacità sulla quale il difensore Andrea Tomasi (che ora è stato sostituito dal collega Andrea Bacciga) nutriva dei dubbi. Nessun dubbio invece per il perito e per i consulenti del pm De Angelis e delle parti civili che avevano concluso per la piena capacità. Una capacità che sarebbe stata confermata anche dal fatto che Nweke avrebbe manipolato le informazioni durante i colloqui cercando anche di far passare Setti come aggressore e lui come vittima. Ma che si fosse reso conto di quello che aveva fatto sarebbe dimostrato anche dalla frase detta nell'immediatezza dei fatti: «Sono fregato».

49 pugni

Analizzando l'omicidio, la corte evidenzia come le lesioni riportate da Setti, morta dopo due ore di agonia, «risultano caratterizzate da particolare violenza e invasività». 49 sono state quelle contate dall'anatomopatologo concentrate nella zona del viso ma alcune erano sovrapposte, quindi si tratta di una stima per difetto. Lesioni provocate dai pugni che Nweke ha scaricato su Iris, che ha cercato vanamente di difendersi, anche quando «la vittima si trovava già a terra e si trovava in stato di incapacità difensiva». Un omicidio, quello di Iris, aggravato dalla rapina. «È dimostrato - si legge in sentenza- che l'imputato si è mosso a compiere l'aggressione e poi l'omicidio vincendo la resistenza della vittima, colpendola ripetutamente e brutalmente, per sfilarle l'anello, strappandolo infine con i denti, prova della finalità del reo di procurarsi il profitto».

Violenza sessuale

Dall'autopsia era emersa una lesione nella zona genitale della donna, donna che era stata trova - e vista dai testimoni del fatto - con gli abiti abbassati. Elementi questi che hanno portato la corte a condannare l'uomo anche per violenza sessuale. Nweke in uno degli incontri con il perito aveva detto di aver toccato Iris perché la riteneva una strega in grado di far sparire il suo (di lui) organo genitale. E la sindrome di Koro (ossia la paura che i propri genitali si stiano restringendo o ritirando) è stata utilizzata dalla difesa per "spiegare" l'aggressione. Spiegazione respinta tanto dai consulenti quanto dai giudici.

Le ultime parole

Iris prima di morire aveva gridato "Aiuto, aiuto, basta, basta, vattene". Parole che avevano fatto scattare l'allarme da parte di diverse persone che hanno chiamato il 112 e hanno anche ripreso parzialmente la scena. Filmati che sono stati cruciali durante il processo. Nweke, invece, è stato sentito dire "Molla, molla, dammi veloce, dammi questo amore mio, dammi anello veloce, ti ammazzo" prima di sfilare l'anello a Iris.

Attenuanti

I giudici non hanno riconosciuto alcuna attenuante al nigeriano sia per la sua «grave propensione al crimine», sia perché non ha mai mostrato pentimento. Riconosciuta invece la recidiva e la continuazione

Le parti civili

Gli avvocati Andrea de Bertolini e Giovanni Rambaldi che hanno rappresentato la famiglia di Iris, così commentano: «la violenza brutale di questo inutile ed inaccettabile omicidio lascia nelle coscienze dei familiari una frattura che mai potrà essere riparata, ma vi è almeno la consapevolezza dell'aver questa sentenza, nella ricostruzione dei fatti, anche rispetto all'aggressione sessuale, rispettato la memoria di Iris».

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