Rovereto: la badante della nobile finisce a processo per l'eredità
La gup Pasquali ha rinviato a giudizio la donna che si è presa cura di Maria Malfatti e che, alla morte della contessa, si è trovata unica beneficiaria del ricco patrimonio. I 5 milioni di euro di eredità (compreso un palazzo storico in via della Terra) sono contestati dai nipoti che, però, non saranno parte civile al processo fissato il 23 ottobre"
ROVERETO. Nell'autunno 2023 se n'è andata, a oltre 80 anni, Maria Malfatti, erede di una delle famiglie più prestigiose della città, tanto da aver dato alla comunità lagarina il podestà Valeriano. Gente importante, blasonata, che ha tenuto alto il vessillo di Rovereto quando contava, di fatto, più del capoluogo Trento. Questa è storia, però, che adesso si porta appresso una questione giudiziaria di non poco conto.
Maria viveva da sola, non si era mai sposata e non aveva figli. Negli ultimi anni della sua esistenza è stata seguita da una badante, perché tirare avanti ad una certa età, senza un appoggio, è dura. Alla sua dipartita, ovviamente, il fratello e i dieci nipoti hanno seguito il lutto, hanno accompagnato la parente nel viaggio eterno ma poi, qualche tempo dopo, si sono trovati con una sorpresa amara. Perché quando il notaio ha convocato i parenti per la lettura delle volontà testamentarie della cara estinta, lo choc è stato grande.
Maria Malfatti, infatti, aveva nominato come sua erede universale proprio la badante albanese: 5 milioni di euro tra conti correnti (un milione) e appartamenti, compreso il palazzo storico in via della Terra. Tanta roba, insomma, che la discendente del podestà Valeriano aveva deciso di lasciare alla donna che, negli ultimi anni di vita, si era presa cura di lei. I nipoti, però, si sono rivolti ad un avvocato per sincerarsi che dietro questa donazione non ci fosse qualcosa di illecito. E alla fine hanno sporto denuncia per circonvenzione d'incapace.
La pm Viviana Del Tedesco ha analizzato atti e testimonianze e ha firmato un sequestro giudiziario ai fini conservativi. Il patrimonio, per capirci, è congelato in attesa del responso dei giudici. Ieri pomeriggio la gup Consuelo Pasquali ha rinviato a giudizio la badante (che, per quello che faceva in casa Malfatti, era di fatto una governante) fissando il dibattimento al 23 ottobre. E in aula non ci saranno parti civili. Al processo, dunque, si discuterà in contraddittorio solo tra accusa e difesa mentre la famiglia rimasta senza eredità potrà far valere le proprie ragioni in sede civile.
In attesa di un giudizio, comunque, il patrimonio della famiglia Malfatti è stato messo in frigo. Compreso il palazzo in Contrada della Terra con tanto di fontanella storica che disseta i passanti e che è immortalato ogni giorno dai turisti che si dilettano a passeggiare ed ammirare il centro storico.
«Prendiamo atto della scelta delle parti civili di non accettare il rito abbreviato. - commenta l'avvocato difensore Nicola Canestrini - Una decisione che sorprende ma che al tempo stesso conferma quanto da tempo andiamo sostenendo: le prove agli atti del fascicolo, comprese quelle raccolte dalla difesa, non sono affatto idonee a sostenere l'accusa fino a una condanna. Il rifiuto del rito è la manifestazione concreta di un timore. Timore che un processo penale basato sulle carte evidenzi l'inconsistenza delle accuse mosse all'imputata».