Femminicidio / Il processo

Omicidio di Noriglio, indagine chiusa: Ilir Shehi Zyba adesso rischia l’ergastolo

Mara Fait, 62 anni, è stata ammazzata un anno fa. L'arma del delitto era stata subito individuata: era stato l'arrestato ad aver detto dove aveva lasciato la sua accetta, nell'orto vicino casa

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di Nicola Guarnieri

NORIGLIO. L'indagine è chiusa. La procuratrice capo Orietta Canova ha firmato il modulo 415bis che mette la parola fine all'inchiesta della procura sull'omicidio di Mara Fait a Noriglio. É passato un anno da quell'atroce delitto ma, nonostante ci sia stato da subito un reo confesso, la procura ha preso tempo. Il discrimine era se il caso dovesse essere affrontato dal tribunale di Rovereto o dalla corte d'assise di Trento.

Le aggravanti da contestare, dunque, erano il vero contendere dell'inchiesta, nonostante l'assassino si fosse costituito e il caso - passato inizialmente come femminicidio ma poi ricondotto ai dissapori tra vicini di casa - fosse chiaro fin da subito. La procura, però, si è presa tempo e alla fine di quel delitto, ancorché «facile» da studiare, si discuterà in corte di assise. E il passaggio non è di poco conto: si parla della differenza tra alcuni di galera (ipoteticamente 16, con riduzione potenziale grazie alla buona condotta) o ergastolo.

Alla sbarra c'è Ilir Shehi Zyba, 49enne reo confesso dell'omicidio di Mara Fait, la 62enne uccisa sotto casa un anno fa a Noriglio. L'arma del delitto era stata individuata immediatamente: era stato l'arrestato ad aver detto dove aveva lasciato la sua accetta, nell'orto vicino casa. L'accetta con la quale ha inferto i tre colpi che hanno ferito Mara Fait al capo e al collo. Ma se per l'anatomopatologo il colpo al viso da solo non avrebbe avuto conseguenze letali, sono stati i due fendenti al collo - davanti e dietro - che hanno ucciso la donna. Due ferite inquadrabili in una forma di «decapitazione atipica» che hanno provocato uno choc neurogeno-spinale e una vasta emorragia e di conseguenza l'arresto cardio-respiratorio praticamente immediato.

L'accetta trovata nell'orto, di una lunghezza complessiva di circa 60 centimetri con una lama di dieci e dal peso di oltre un chilo, viene considerata compatibile con le ferite, sia per il potere contundente dato dalla sua massa sia per la lama affilata.

Circa la dinamica dell'omicidio, il primo colpo, quello che ha colpito al collo Mara Fait, sarebbe stato inferto quando la donna era ancora in piedi, mentre gli altri due l'avrebbero raggiunta quando era a terra, come l'hanno trovata i soccorritori arrivati dopo le diverse chiamate al 112, attorno alle 20.30 della sera del 28 luglio.

Nelle motivazioni del collegio chiamato dal tribunale a decidere sugli arresti domiciliari negati, viene evidenziato come il perito abbia considerato Shehi pericoloso e incontrollabile. E quindi da non mettere in libertà. La questione, che sembrava davvero semplice, in verità è stata studiata a lungo dalla procura. Perché di mezzo c'è una persona uccisa e un'altra che, per motivi più o meno pesanti, ha sfogato la sua rabbia privando l'altra della vita. Per questo la procura ha voluto capire se, visto il delitto, si potesse ipotizzare un ergastolo come pena oppure qualcos'altro.

Ovviamente toccherà al giudice per l'udienza preliminare indirizzare il caso anche se in tanti si chiedono come si possa aspettare un anno per giudicare un omicidio che ha un reo confesso.

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