Rovereto / Il caso

Strada per i laghetti, quasi tutto da rifare: altri approfondimenti per la sicurezza

La strada per San Nicolò è chiusa per la frana del 12 novembre 2014: sul costone roccioso necessarie nuove indagini dal punto di vista geologico e di conseguenza nuovi studi relativi alla progettazione preliminare

di Giancarlo Rudari

ROVERETO. Quella della strada per San Nicolò (meglio conosciuta dai roveretani come la strada per i laghetti del Leno) chiusa per la frana del 12 novembre 2014 sembra una storia infinita. Perché non bastano tutte le perizie geologiche redatte nel corso degli anni, non bastano le analisi ed i controlli effettuati con anche con i droni, non bastano i progetti preliminari (e parzialmente definitivi) raccolti nei faldoni custoditi all'ufficio tecnico comunale.

Perché ora se non si riparte da zero, poco ci manca.

Il lavoro che è stato fatto, ed è notevole, sia chiaro non si butta. Ma prima di scegliere la soluzione definitiva per la riapertura della strada si rendono necessarie nuove indagini approfondite dal punto di vista geologico e di conseguenza nuovi studi relativi alla progettazione preliminare.

E così il Comune, dopo aver affidato in marzo al geologo Gabriele Modena la redazione di una nuova perizia, ora ha conferito l'incarico all'ingegner Stefano Filippi la progettazione preliminare sulla base delle risultati che arriveranno dalla perizia geologica. Incarichi che costeranno più o meno 45.000 euro (15.000 per il geologo, quasi 30.000 per l'ingegnere).

«Gli approfondimenti necessari sono dettati dalla delicatezza del costone di montagna franato sul quale si andrà ad operare. Proprio perché parliamo di sicurezza gli approfondimenti scrupolosi non sono mai eccessivi anche se i tempi per ripristinare la strada potranno subire slittamenti» precisa l'ingegner Luigi Campostrini, dirigente del servizio tecnico e sviluppo strategico del Comune.

«In ogni caso - precisa - entro un mese dovrebbe arrivare la perizia geologica, in tre-quattro mesi si potrebbe avere al progetto preliminare ed entro l'anno quello esecutivo».

Per la strada tra San Colombano e San Nicolò, chiusa ormai da quasi nove anni, la Provincia ha stanziato tre milioni di euro ed all'esame ci sono tre ipotesi: la realizzazione di una galleria paramassi (costo stimato sui 2 milioni di euro), la realizzazione di un ponte Bailey comprensivo di barriere e necessarie protezioni (si parla di una cifra attorno al milione e mezzo) e infine, per lo stesso costo del ponte, il ripristino della strada esistente ovviamente previa messa in sicurezza dell'intera parete sovrastante mediante reti e barriere paramassi.Ipotesi, queste, emerse dal gruppo misto di progettazione per la redazione di uno studio di fattibilità istituito dall'amministrazione nel 2016.

La Fondazione Museo civico di Rovereto ha elaborato una serie di studi di dettaglio per sondare le caratteristiche del versante della montagna franato e nel 2018 sono state eseguite delle prove di trazione per garantire un'adeguata dotazione di eventuali tiranti e chiodature in grado di garantire la sicurezza del versante.

Sulla base di questi studi e di prove "sul campo" sono state formulate le tre ipotesi di soluzione. Tra le tre sembra emergere con chiarezza quella che prevede il ripristino della strada, la più percorribile e la meno onerosa fra quelle prese in esame.

Siccome la scelta definitiva non è stata ancora effettuata, la Provincia nell'ottobre dello scorso anno ha richiesto delle indagini approfondite che, come detto, riguardano in principal modo le caratteristiche morfologiche e geologiche dell'area in questione sulla quale si andrà ad intervenire.

Perché «le soluzioni preliminari messe a confronto non risultano sufficienti per consentire la scelta più opportuna e mediata. In questa sede - scrive l'ingegner Luigi Campostrini nella determina di affidamento incarico all'ingegner Stefano Filippi, già autore del primo progetto di fattibilità - diventa quindi essenziale effettuare degli approfondimenti progettuali ad un livello superiore rispetto alla progettazione preliminare».

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