Violenza / Il caso

Rovereto: protesta per gli schiamazzi sotto casa, picchiato dalla banda di ragazzini l'ex campione di kick boxing settantaduenne. Che poi fa 9 ore in Pronto Soccorso

La disavventura di Leonardo Pavoni, alle Fucine: «Erano una decina, sono sceso in strada ed ho detto loro di moderare la voce. Mi hanno assalito, da tutte le parti, e giù colpi». Ma poi l’amaro epilogo: «Ore ed ore in sala d’attesa in ospedale, alla fine me ne sono andato. E’ stato peggio che prenderle»

di Matthias Pfaender

ROVERETO. Scende a protestare per il troppo chiasso nel cortile condominiale, e per tutta risposta viene aggredito dal branco. Calci e pugni, anche quando cade. E i giovani, giovanissimi teppisti che a un certo punto scappano lasciando un 72enne riverso per terra.

È successo un paio di giorni fa alle case Itea delle Fucine, quartiere storicamente difficile, In pieno giorno, all'ora di pranzo. L'unica nota positiva è che l'anziano vittima della "baby gang" non è una persona "normale": è infatti Leonardo Pavoni, ex campione del mondo di kick boxing nei primi anni '80, atleta da sempre e con una lunga esperienza professionale nel campo della security.

Una tempra ed una capacità di resistere ai colpi non comune, la sua. Che probabilmente gli ha evitato conseguenze fisiche peggiori.

«Ero in casa, saranno state le 13.30 - racconta Pavoni - quando sotto, dal cortile, ho sentito un gran casino. Urla, parolacce. Sono sceso giù per dire a questi ragazzotti di calmarsi, e di non sporcare per terra con mozziconi e lattine vuote come fanno sempre. Erano un po' meno di dieci. Forse sette. Tutti maschi. Minorenni, credo, al massimo qualcuno appena maggiorenne. Solo due di questi ragazzi erano delle case Itea, gli altri venivano da fuori. Ho protestato per il disturbo, mi hanno circondato. Ed è iniziato il ballo.

In tre mi si mettono davanti. Iniziano a menare. I colpi arrivavano soprattutto dai lati, e da dietro. Calci e pugni. Sono caduto, mi sono rialzato, ho colpito anche io. Non so chi ho preso, ma qualcuno devo averlo ben colpito. Poi mi hanno spinto e sono finito di nuovo per terra. Altri colpi. Poi se ne sono andati».

Ma, una volta spariti i teppisti, per Pavoni, sanguinante sul capo («avevo due "corni", al centro e sulla destra» nella foto) la pessima giornata non è affatto finita. «Vado dai Carabinieri per sporgere denuncia. Ma quando arrivo in caserma mi dicono che devo prima andare al Pronto Soccorso e solo dopo, con il referto in mano, tornare da loro». E qui, per Pavoni, inizia un altro scontro.

Questa volta contro il sistema sanitario.«Entro in Pronto soccorso al Santa Maria del Carmine, e mi assegnano un codice bianco». Ovvero il codice più basso possibile. Difficile credere che un sanitario possa attribuire il codice che vale la "priorità zero" ad un 72enne che entra in reparto lamentando dolori al capo - e le cui ferite, sanguinanti, sono ben visibili - dovuti all'aggressione da parte di una decina di teppisti.

Eppure, è quello che succede, racconta Pavoni.«Non so, forse il dottore non ha capito quello che ho detto - considera oggi Pavoni -. Ero abbastanza scosso e forse non mi sono espresso bene».

Fatto sta che dalle 15.30, orario di entrata, Pavoni sta fermo in sala d'aspetto fino alle 21. «A quel punto me ne sono andato. Non aveva senso restare. E non ho neanche fatto più denuncia. Credo che questo trattamento mi abbia fatto arrabbiare ancora di più che i ragazzotti sotto casa».

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