Sanità / L’intervista

Il sindaco e oncologo Valduga: «I soldi non bastano, va ripensato tutto. La mancanza di medici non è una novità»

Il primo cittadino di Rovereto parla di Stefania Segnana: “Un’assessora che si muove dopo un articolo di giornale mi lascia perplesso. Gli ospedali periferici? Da valorizzare, ma basta doppioni”

ROVERETO Il sopralluogo di Benetollo e Segnana

di Matthias Pfaender

ROVERETO. Al di là delle proteste, comprensibili, e delle risposte a uso e consumo dei giornali, molto meno comprensibili, l'attuale condizione della sanità roveretana e trentina necessita di un ritorno ad una vera, e soprattutto seria, pianificazione politica, che veda coinvolti non solo gli amministratori, ma tutti i portatori di interesse, a cominciare dalla classe medica, per troppo tempo silente. Questo, in sintesi, il pensiero del sindaco di Rovereto, nonché oncologo, Francesco Valduga.

Il pronto soccorso di Rovereto è in crisi. L'organico è molto sotto la soglia minima. Si sono minacciate dimissioni in blocco.

«Il disagio degli operatori deve essere ascoltato con la massima attenzione. Sia perché le condizioni di lavoro, le loro come quelle di chiunque, sono importanti di per sé. Sia perché dalla loro qualità del lavoro dipende direttamente la qualità del servizio sanitario offerto».

Mancano medici. Che fare?

«Lo squilibrio tra le risorse umane disponibili e le cose da fare non è una cosa nuova. È così da molti anni».

Di chi è la colpa?

«Per la mancanza di medici, di tanti, soprattutto a livello nazionale, e distribuita negli anni. Io ho iniziato l'università 31 anni fa e già c'erano i numeri chiusi di accesso».

Di nuovo, che fare?

«Va ripensata la sanità del Trentino. L'occasione può essere l'obbligo di riprogrammare il Not. Vorrei vedere riaffermato, come ho già detto, il primato della politica. Intesa però come prodotto del lavoro non dei soli amministratori eletti, ma dei portatori di interesse, a cominciare dai medici, troppo silenti negli ultimi anni».

Ma quando e in che modalità avrebbero potuto farsi sentire?

«Attraverso l'ordine. Attraverso i sindacati».

Insomma la risposta della politica deve essere ripensare tutto.

«Che è cosa ben diversa delle risposte estemporanee che si sono viste negli ultimi giorni, sia di chi vuole sedare che cavalcare la protesta dei medici. Che un'assessora provinciale vada a Rovereto a seguito di un articolo dell'Adige, per poi non dire in realtà nulla, mi lascia più che perplesso».

I medici però negli ultimi tempi si stanno facendo sentire.

«Finalmente. A seguito degli ultimi due anni, che hanno portato a livello di insostenibilità una condizione che precaria lo era già da diversi anni. Ma ciò non toglie che negli ultimi anni la classe medica abbia detto troppi sì alla politica, anche quando era sbagliato. Nella nostra professione c'è una forte quota di missione, che ci ha portato ad accettare compromessi che non andavano accettati».

Ok, allora va ripensato tutto. Da dove si inizia?

«La base di ogni ragionamento deve essere la qualità del servizio sanitario. E l'ottimizzazione delle risorse che, almeno per i prossimi anni, continueranno ad essere scarse. Quindi, capire che non è sostenibile fare tutto dappertutto».

Intende gli ospedali periferici?

«Esatto. Non vanno depauperati, ma messi in relazione con il centro, nella consapevolezza che alcune cose si fanno meglio nel centro e altre meglio in periferia. Non possiamo più permetterci doppioni, tranne ovviamente il primo soccorso e la diagnostica».

E come portare nuovi medici?

«L'offerta monetaria è indispensabile, sia per tamponare l'emorragia che per attrarre nuovi professionisti. E a quanto pare, guardando alle ultime spese della Provincia, i soldi ci sono. Ma non può essere la sola strada. Non è che coi soldi in più rendi un medico meno stanco alla fine di un turno di notte. E non coi soli soldi attrai medici in forma stabile. Un medico, soprattutto se giovane, va dove può lavorare bene, crescere nelle competenze, ed avere una proiezione di carriera. Il Trentino è piccolo, ma in alcuni campi può essere attrattivo, come le neuroscienze, attorno alle quali si può costruire tanto nei rapporti con l'università o i poli di ingegnerizzazione».

Queste però sono soluzioni di medio-lungo periodo. Servono medici ora. E la Provincia è intenzionata ad aprire ai privati.

«Il rapporto con il privato non va demonizzato a priori. Dipende come lo intavoli. Per esempio credo che questa amministrazione provinciale abbia fatto bene con la Solatrix, autorizzando le sale operatorie sulla base di un protocollo che porta vantaggi sia alla clinica che al sistema pubblico. Però se ti ritrovi con l'acqua alla gola e vai in cerca di qualunque medico disponibile per coprire posti scoperti, ottieni solo di pagare dei professionisti "a tempo"».

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