Rovereto / Il caso

Affitta una stanza di casa a uno spacciatore: assolto

La Cassazione: «In assenza di prova della diretta disponibilità della droga, l'aver dato l'alloggio e l'uso comune di alcuni mobili non sono condotte idonee a concretizzare il concorso di persone nel reato»

di Nicola Guarnieri

ROVERETO. Era stato arrestato per concorso in detenzione illecita di 6 etti di cocaina e di un paio di grammi di hascisc - attività per altro condotta dal suo coinquilino - e poi gli erano stati concessi i domiciliari al posto della custodia in carcere. Per la cassazione, però, l'applicazione della misura cautelare non doveva esserci ma l'indagato poteva stare in stato di libertà. T. A., roveretano di 50 anni, non ha dunque colpe per il confezionamento di droga che l'amico che ospitava faceva in casa sua.

La sua stanza, infatti, era stata trasformata in una sorta di laboratorio da «piccolo chimico» con tanto di strumenti adatti a preparare le dosi di «coca» e «fumo» da vendere.

Un «lavoro» sporco che le forze dell'ordine hanno scoperto e stroncato, arrestando l'«imprenditore» ma pure l'uomo che gli aveva affittato una stanza.Il tribunale ha ritenuto il proprietario dell'appartamento di fatto corresponsabile, evidenziando «gravi indizi di un contributo morale per avere concesso l'utilizzo del locale nella consapevolezza che l'amico fosse uno spacciatore, anche perché disoccupato e senza fissa dimora».

Per i giudici, infatti, l'aver prestato o affittato la camera aveva agevolato l'occultamento dello stupefacente e consentito allo spacciatore di continuare l'attività illecita.

Per la suprema corte, però, «in assenza di prova della diretta disponibilità della droga, l'aver dato l'alloggio e l'uso comune di alcuni mobili non sono condotte idonee a concretizzare il concorso di persone nel reato.

Questo principio vale anche nel caso in cui la valutazione dell'attitudine dimostrativa degli elementi di prova non sia finalizzata all'affermazione della penale responsabilità ma alla verifica della sussistenza di un grave quadro indiziario».

Dal punto di vista morale, rilevano ancora gli ermellini, va dimostrato il «contributo concreto, consapevole e volontario che si estrinsechi nell'occultamento, custodia e controllo della sostanza, sì da scongiurarne il ritrovamento e consentire la protrazione dell'illecità detenzione.

Non è però sufficiente la sola consapevolezza della condotta illecita altrui poiché la presenza non meramente casuale del concorrente morale deve palesare anche una chiara adesione alla condotta del correo, rafforandone il proposito criminoso».Insomma, se l'ospite spacciava non era certo una responsabilità del padrone di casa che, una volta concessa una stanza all'ospite, non necessariamente doveva condividerne la professione o, per contro, segnalarlo per la stessa.

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