Rovereto / Inquinamento

Tonina: «Per anni dentro al rio Coste scarichi abusivi di fabbriche»

Il corso d'acqua è usato come discarica abusiva da diversi impianti della zona industriale: tutto poi finisce nell'Adige. Da anni vi si notano schiume, chiazze oleose o colorazioni inquietanti, ben visibili anche dalla ciclabile. La conferma, ufficiale nelle parole dell'assessore all'Ambiente Mario Tonina in una risposta al consigliere Filippo Degasperi

L'INCHIESTA Inquinamento del rio Coste e dell'Adige: i carabinieri sequestrano i pozzi della Suanfarma di Rovereto

di Matthias Pfaender

ROVERETO. Il Rio Coste è usato come discarica abusiva da diverse fabbriche della zona industriale. Un segreto di Pulcinella, almeno per i roveretani, che periodicamente osservano sgomenti il corso d'acqua scaricare schiume, chiazze oleose o colorazioni inquietanti direttamente in Adige, in bella vista dalla passeggiata sulla ciclabile.

Ma oggi arriva la conferma, ufficiale, di quello che si sa da sempre. La Provincia autonoma di Trento, per bocca dell'assessore all'Ambiente Mario Tonina (nella foto), ammette che «più ditte scaricano acque bianche in un tratto di rete comunale tombinato che confluisce nel rio Coste» e che queste, consapevoli di essere fuori dalle regole, «utilizzano tecniche più o meno lecite per non far ricondurre gli episodi ai diretti interessati».

Le dichiarazioni di Tonina sono contenute nella risposta data al consigliere provinciale Filippo Degasperi (Onda Civica) che, a seguito degli articoli dell'Adige sull'inchiesta per presunti reati ambientali che coinvolge la Suanfarma (ex Sandoz), ha interrogato l'amministrazione provinciale. «All'eventuale danno ambientale - scriveva Degasperi - che di per sé, se confermato dalle indagini, costituirebbe oltre che un reato una perdita ecologica ed economica inquantificabile e forse irreparabile, si aggiunge la beffa nello scoprire che cinque anni fa il Comune di Rovereto avrebbe attuato un progetto di pulizia del Rio Coste del costo di 370mila euro.

Alla luce del valore pubblico ed ecologico di un bene sempre più prezioso, non ci si capacita di come adesso la roggia versi in questo stato, ne di come di fronte a interventi così cospicui per la comunità, l'amministrazione monitori tali "scarichi incontrollati" nella zona industriale, anch'essa oggetto di investimenti pubblici (ma mentre le aziende se ne vanno gli scarti restano). Nonostante i campanelli d'allarme fossero risuonati chiari già negli anni scorsi (e spesso su nostra iniziativa), gli obiettivi anche a Rovereto non cambiano: vendere l'immagine pulita lasciando sotto il tappeto verde ben altro oltre che la polvere. Il Rio sarebbe una vera discarica subacquea, una "bomba ecologica" e una "cloaca" di cui il Comune dovrebbe essere a conoscenza da tempo, viste le bonifiche e i progetti che interessano tutta l'area del biotopo dei Lavini, fra cui una campagna di pulizia da 1 milione e mezzo di euro».

«Negli anni - sottolinea Tonina - nonostante l'analisi dei dati raccolti dalla centralina Appa, le numerose segnalazioni e interventi da parte degli ispettori ambientali, dei Vigili del fuoco e dei tecnici ambientali del Comune di Rovereto, è risultato molto difficile identificare l'origine degli inquinamenti». Ma qualcosa, negli ultimi anni, starebbe per fortuna cambiando. E avrebbe portato all'inchiesta oggi in essere: «Negli ultimi due anni, l'integrazione di indagini ambientali innovative coniuganti tecniche chimico-fisiche e biologiche, nonché ispettive, messe in atto da Appa, e un attento esame delle analisi anche pregresse, ha permesso di individuare con ragionevole certezza le responsabilità in ordine a conduzioni scorrette degli scarichi idrici nel rio Coste».

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