Compra l'auto, ma è un bidone: la società condannata e la donna risarcita

Finire in un trappolone, acquistando un’auto usata da uno sconosciuto, è un rischio che si mette in conto. Ma quando la macchina usata viene proposta da una concessionaria è diverso. Ci si fida. È questo il valore aggiunto. Ma non sempre è sufficiente per non incappare in bidoni. Ne sa qualche cosa una donna lagarina, finita con l’auto appena comprata ferma in garage perché pericolosa. Ma il giudice di pace di Rovereto ha chiarito: responsabile di quel disastro era la società che aveva ceduto l’auto. Che deve restituire i soldi incassati e pagare anche i danni.

La vicenda risale al maggio di tre anni fa. Si tratta di una causa non enorme, quanto a valori sul campo. Ma interessante perché evidenzia ancora una volta una cosa: è in capo al venditore l’obbligo di garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Restando ai fatti, comunque, la signora si era rivolta alla società in questione perché interessata ad un’auto che lì custodivano per venderla di seconda mano. Lei all’epoca la vide,fece qualche domanda, e poi si fidò: l’auto le piaceva, il prezzo andava bene, si misero d’accordo. La donna versò mille euro di acconto e, al momento in cui le consegnarono il mezzo, altri 2.300 euro. In tutto 3.300 euro a cui si aggiunsero, lamentava lei, 600 euro richiesti dalla società per le pratiche di immatricolazione. Lei pagò e partì per andarsene a casa, con la sua macchina nuova. Peccato che i problemi - secondo quanto lamentato dalla donna - siano cominciati praticamente subito. A preoccuparla erano stati dei rumori anomali del motore, quindi aveva portato l’auto in un’officina, perché dessero un’occhiata un po’ approfondita.

Probabilmente pensava fosse uno scrupolo, probabilmente credeva che l’avrebbero rassicurata. E invece arrivò la batosta vera: la macchina era inservibile. Il meccanico consigliò alla donna, semplicemente, di non usarla, perché «inidonea agli spostamenti», che per una macchina è un problemino non di poco conto. In particolare al mezzo erano stati riscontrati rumori anomali del motore, spia anomala del motore accesa e spia anomala accesa del sistema Abs, rumori provenienti dalle ruote davanti in fase di manovra: la successiva diagnosi ai diversi sistemi evidenziò problemi. Inoltre si testò come l’auto non potesse passare la revisione per vari difetti, come giochi eccessivi sulla sterzo e misure dei pneumatici non corrispondenti alla carta di circolazione. Insomma, nel luglio 2017, sconsolata, la signora mise in garage la macchina e non la tirò più fuori. Nel frattempo, provò a farsi risarcire dalla società che gliel’aveva venduta. Ma non riuscendo ad avere alcuna soddisfazione, decise di fare causa.

E siamo all’oggi. Il giudice di pace Paola Facchini le ha dato ragione. Per la verità la società nemmeno si è presentata davanti al giudice, ma tant’è. In Italia esiste il giudizio in contumacia. Alla fine del quale la signora ha avuto la sua soddisfazione: il giudice ha dichiarato nullo il contratto di vendita, e ha condannaot la società a restituire alla donna 3.300 euro. A questi, si aggiungono altri 900 euro, da pagare a titolo di danno, per le spese sostenute (immatricolazione, carta di circolazione, assicurazione).

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