Il super-parroco don Ivan dalle alte sfere del Vaticano «Così ritorno fra la gente»

Era pronto il terzo mandato come sottosegretario della Cei per don Ivan Maffeis. Glielo avevano offerto in Vaticano e non lo avevano preso sul serio quando lui aveva annunciato che sarebbe voluto tornare in Trentino. Invece è stato di parola, rispettando quel giuramento che facevano i preti trentini fino alla generazione prima della sua.

Don Ivan, è felice di tornare o avrebbe preferito rimanere nella capitale?
«Sono molto contento di tornare, penso sia giusto. Tra l’altro i preti trentini hanno sempre fatto un giuramento quando venivano mandati a Roma per studiare, fino alla generazione precedente alla mia. Giuravano che non avrebbero mai usato dei contatti romani per interessi personali o per far carriera. Questo per dire che la mia non è una novità».

Dunque mi sta dicendo che è una scelta sua questo ritorno?
«Ho fatto undici anni a Roma, è stata un’esperienza molto bella, arricchente, piena di contatti sia con le Diocesi che con le istituzioni, ma tornare tra la gente credo sia la ricchezza più grande per un prete. Nella vita ci si chiede cosa conta davvero, ad un certo punto, e questa stagione della pandemia con le paure che sta seminando in tutti, per molti versi comprensibili, mi ha spinto a pensare che tornare tra la gente è ancora più importante. Non per fare la differenza, (magari qualcuno la potesse fare!) ma per vivere fino in fondo anche la fatica della nostra gente, portando come credenti quella speranza che viene dal Vangelo».

È come uno studente che sceglie di andare altrove per fare esperienza e poi torna alle origini...
«Già, sapendo che la gente ti custodisce. Veniamo visti come i pastori noi, io sono prete da oltre trent’anni e la gente con noi è generosa, ce ne perdona anche tante».

Conosce la città della quercia?
«Non conosco Rovereto, lo ammetto. Conto sulla pazienza della gente e vengo per ascoltare».

Sarà tutto nuovo, quindi. Anche l’Unità pastorale che si allarga con altre due chiese.
«Ho visto infatti che il vescovo nel “pacchetto” mi ha messo altre due comunità».

La novità di Rovereto è degli ultimi giorni?
«Sì. Ho finito il secondo mandato e mi avevano proposto il terzo ma da diverso tempo avevo comunicato ai superiori che sarei rientrato in Trentino. È difficile però che ti prendano sul serio. Ho rimesso nelle mani di don Lauro (il vecovo Tisi, ndr) la possibilità di spendermi sul territorio e gli ho detto di mandarmi dove voleva lui. Per una volta nella vita volevo “obbedire”, se non lo faccio alla mia età... quando? Sono grato della fiducia che mi ha dato e che spero di meritarmi giorno per giorno con la gente».

Quando farà il suo ingresso?
«Ora devo sentire don Sergio (Nicolli, ndr) e don Emanuele (Cozzi, ndr) e con loro fisseremo il giorno. Il vescovo auspica che si faccia prima della festività dei Santi, quindi sarà nelle prossime settimane. Io ho finito il mio lavoro a Roma proprio mercoledì sera».

Non sarà solo a Rovereto. Chi la aiuterà?
«Collaborerò con un giovane cappellano che è a Rovereto, don Daniel, e don Remo Vanzetta che vive in canonica. E poi non so. Io vengo con la disponibilità di guardarmi attorno».

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