In arrivo alla Ruina di Marco un'aula Covid all'aperto per i bimbi delle elementari

Il Covid ha segnato la rotta e per la scuola ha suggerito, dove possibile, l’insegnamento all’esterno. Ed è quanto accadrà entro metà ottobre a Marco dove in un angolo del futuro parco della Ruina, in un giardino che sorgerà in mezzo alle case per garantire quel controllo sociale che altrove è inesistente, sta per essere ultimata la nuova aula didattica delle scuole elementari del paese. È un’iniziativa unica nel suo genere in Trentino e, a dire il vero, è stata concepita prima della pandemia. I bambini, per capirci, seguiranno le lezioni all’aperto, in una variante aristotelica della scuola in epoca di coronavirus. Un progetto - firmato dall’architetto Emiliano Leoni - che tra l’altro è sociale è a chilometro zero. I lavori, infatti, sono realizzati dall’impresa «Salvetti Maurizio & C. snc» di Marco e in parte dal Progettone. Il tutto con una spesa complessiva di circa 100 mila euro per realizzare la prima scuola outdoor.

L’idea è venuta alla dirigente dell’istituto comprensivo Rovereto Sud Chiara Ghetta e alla maestra Chiara Turrini. Ed è piaciuta tutti, specie a chi in quel parco, quando era ancora selvaggio, ci ha giocato. In realtà le previsioni urbanistiche erano di sviluppo edilizio ma alla fine si è fatto dietrofront per realizzare un parco urbano, appunto, e infilarci l’aula didattica anti-Covid, con i bambini a lezione all’aperto sotto gli occhi vigili dei vicina di casa.
«È una struttura polifunzionale, - spiega il dirigente dell’ufficio tecnico del Comune Luigi Campostrini - che servirà anche per giocare e socializzare. Il parco, d’altro canto, al mattino non è sfruttato e il Covid è stata l’occasione per portare gli scolari fuori dall’edificio in una struttura aperta ma comunque con un tetto e in uno spazio attrezzato».

Soddisfatta la dirigente scolastica Chiara Ghetta: «È una nuova concezione sia di parco che di scuola. Qui i nonni dei bambini giocavano da piccoli ed ora i loro nipoti ci studieranno. Tra l’altro è in mezzo alle case e quindi c’è quel controllo sociale impensabile altrove».
«”Maestra, oggi andiamo al parchetto?”. È la prima domanda che ci pongono i bambini al loro arrivo a scuola. - spiega Chiara Turrini - Da quando siamo saliti qui la prima volta la magia del boschetto ha contagiato tutti e giorno dopo giorno è diventato il nostro luogo del cuore perché qui ci sentiamo tutti meglio. Ma educare all’aperto non è solo stare fuori, è educare alla sostenibilità e alla cittadinanza, portare gli alunni a fare esperienze dirette usando tutti i sensi. In questi anni abbiamo sperimentato che all’aperto la didattica diventa più potente. Anche i piccoli più in difficoltà si immergono in un ambiente più accogliente, dove ognuno trova la sua dimensione e sperimenta in base alle proprie capacità. All’aperto il tempo di apprendimento è lento ma il flusso tra insegnare e apprendere è continuo.
L’emergenza Covid-19 che stiamo vivendo ha dato una forte spinta allo stare all’aperto, la necessità ora appare ancora più essenziale solo che non si deve dimenticare il come, ovvero che tipo di didattica proporre.
Questa deve diventare un’occasione per cambiarla ma senza troppe semplificazioni, perché per fare educazione all’aperto non basta mettere i bambini in un cortile. La grande occasione da cogliere è permettere ai bambini di sviluppare un senso di appartenenza al mondo attraverso una relazione continuativa con i luoghi naturali che sono reali, complessi. Solo in questo modo i nostri bambini potranno sviluppare il rispetto e la cura per i luoghi in cui vivono, dal cortile della scuola al parco, alla loro città».

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