Omicidio di Eleonora Perraro: il marito ai domiciliari a casa loro La madre: "Non è giustizia"

“Eleonora Perraro. Mia figlia. Uccisa presumibilmente da suo marito dopo una serata passata insieme. A settembre. 2019. Oggi il presunto uxoricida è stato rilasciato dal carcere e gli sono stati concessi gli arresti domiciliari per motivi di salute legati alla tremenda piaga del Covid-19”. Lo ha scritto ieri in una lettera Mariangela Perraro, la madre di Eleonora uccisa nel giardino del bar «Sesto Grado» di Nago. La donna non si dà pace per la scarcerazione di Marco Manfrini.

Mariangela aggiunge: “Non è infetto. Sia chiaro. Non è in pericolo di vita. Non è in una terapia intensiva attaccato ad una macchina che lo aiuta a respirare. No. È a casa sua senza alcun dispositivo di tracciamento. Con la concreta possibilità che possa andarsene dove vuole”.

“Stamattina - prosegue la signora - volevo fare quattro passi nel luogo dove mia figlia è stata assassinata ma non ho potuto a causa delle restrizioni in atto. Io cittadina onesta non posso andare a salutare mia figlia o mia madre appena deceduta per il virus e un presunto omicida viene lasciato a casa sua senza alcun motivo sanitario serio. Ciò che non è mai stato riportato dai giornali è che il presunto assassino ha deturpato il viso ed il corpo di mia figlia a morsi.
Qualcosa che nella antichità si poteva chiamare cannibalismo e che oggi viene definita crudeltà.
Ciò che i giornali non hanno riportato è che il cane di mia figlia è stato brutalmente picchiato la notte dell’omicidio, nel tentativo di difenderla.
Ho sempre avuto molto pudore nel parlare di tutto ciò perché ritenevo che la giustizia fosse equa ed equanime. Mia figlia è morta. Uccisa”.

“Il suo presunto assassino - prosegue nella lettera Mariangela Perraro - è a casa loro. Dove ancora ci sono tante cose di Eleonora che ancora non siamo riusciti a portare via. Lui ora è lì e lei non c’è più. Ho ritenuto che questa emergenza atroce che ci troviamo ad affrontare facesse uscire la migliore delle umanità possibili ed invece mi rendo conto che non c’è equità. Mia figlia è stata strangolata e sbranata. Suo marito che è anche l’unico indiziato del delitto, è a casa. Non capisco questa giustizia. E mi pongo una domanda. Se davvero mio genero fosse stato in pericolo a causa del coronavirus, perché non è stato fatto uscire nei primi giorni della emergenza? Perché aspettare due mesi?" 

"La presunzione di innocenza si deve a chiunque, in qualsiasi caso ma la giustizia non può impiegare mesi e mesi per cominciare ad attivare una pratica. Non può procrastinare all’infinito una sentenza. Dì qualsiasi entità. Noi cittadini stiamo in casa. Noi non abbiamo mai fatto del male a nessuno. Osserviamo le regole. Rispettiamo la vita altrui. Tentiamo di onorare al meglio l’amore che ci viene donato dai nostri cari. Se infrangiamo una regola di distanza, in questo periodo, ci viene giustamente comminata una sanzione. Stiamo rinunciando alle nostre libertà personali per il bene dei nostri nonni e per il futuro dei nostri nipoti. Stiamo facendo dei sacrifici per il domani che verrà.
Eleonora. Mia figlia. Uccisa a settembre 2018.
Lei non avrà un domani.
Ma credo che oggi si possa e si debba fare di più. Credo si abbia l’obbligo morale fare di più.
Mia figlia. Ma il diritto di vivere di mia figlia?
In questo periodo disastroso abbiamo più tempo per stare coi nostri cari.Fermiamoci un secondo e pensiamo all’importanza di ogni attimo passato con loro. Perché non si sa mai che l’uomo nero possa venire a dilaniarli davanti ai nostri occhi”.

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