Primo pacemaker su paziente Covid

di Luisa Pizzini

I cardiologi del Santa Maria del Carmine hanno impiantato per la prima volta un pacemaker su una paziente affetta da Covid-19. Un intervento solitamente di routine per un’equipe come quella del dottor Maurizio Del Greco, ma che ai tempi della pandemia richiede maggiori protezioni per scongiurare il contagio. «Ne indossiamo il doppio e anche se dura soltanto un’ora ed è una delle operazioni considerate più semplici per noi, portarla a termine bardati così è faticoso» spiega il primario.

Altri pazienti affetti da coronavirus hanno dovuto essere portati in sala operatoria in queste settimane, ma come fa notare il dottor Del Greco le complicanze cardiologiche sono tra le più frequenti in questo tipo di pazienti. «Perchè il virus colpisce anche a livello cardiaco.

Le complicanze più frequenti sono problemi trombotici e quindi complicanze cardiovascolari: problemi coronarici, embolie polmonari, ictus, infarti e problemi aritmici. Serve una stretta sorveglianza cardiologica del paziente Covid e questa a Rovereto viene garantita anche con procedure interventistiche».

Ecco perché questo intervento di fatto segna l’inzio di una nuova era.
È il primo per il reparto di cardiologia su una paziente positiva, il primo di una serie probabilmente. L’emergenza coronavirus ha segnato lo spartiacque nel mondo della medicina e gli effetti si vedranno a lungo.
Ma torniamo all’operazione degli ultimi giorni, che si è conclusa con successo. «La paziente che abbiamo operato era stata ricoverata a Rovereto proprio a causa del coronavirus ed ha avuto un blocco atrio ventricolare» racconta Maurizio Del Greco. «Una marcata bradicardia, che ha reso necessario inizialmente un pacemaker provvisorio e poi un apparecchio definitivo per consentirle anche la dimissione, visto che la paziente sta migliorando», spiega il primario. «Si fa in anestesia locale, viene incanulata una vena della spalla ed introdotti dei cateteri, fili elettrici all’interno del cuore. Il tutto sotto controllo radiologico. La complicazione è data dal fatto che abbiamo dovuto farla nel blocco operatorio anzichè nelle nostre sale del reparto.

Abbiamo trasferito tutte le apparecchiature secondo una procedura preparata accuratamente, con sistemi di protezione che iniziano dal fatto di andare a prendere il paziente in reparto. Chi lo fa, medico ed infermiera, deve vestirsi per il trasporto, svestirsi e rivestirsi per la sala operatoria e poi di nuovo, svestirsi e rivestirsi per riportarla in reparto. Con me ad affrontare l’intervento c’erano il collega Carlo Angheben, l’infermiera Marzia ed il tecnico di radiologia Piero». Tutto è filato liscio e ora la paziente verrà seguita nel suo decorso dall’ambulatorio di telecardiologia: il pacemaker che le è stato impiantato, infatti, è collegato ai terminali del reparto e può essere controllato da remoto, cioè a distanza.

«Questo caso, il primo, ci permette di raccontare che curiamo i pazienti Covid-19 anche per problematice gravi dal punto di vista cardiologico» conclude Del Greco. «Ormai è evidente che il coronavirus è una malattia collegata anche a complicanze cardiovascolari quindi il ruolo dei cardiologi nel gestirle è importante».

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