Stefania, alpinista in carrozzina «Niente drammi, niente scuse Fate come me e sudate in casa»

di Barbara Goio

«A quelli che dicono che non ce la fanno a restare chiusi in casa, lo dico chiaramente: io sono stata in rianimazione, sono stata intubata, ed ora la cosa giusta è proprio cercare di aiutare il più possibile chi è in prima linea. Quando i sanitari dicono “noi in corsia, tu a casa”, questo è il minimo che possiamo fare».

Stefania Galvagni , 40 anni, è un’alpinista. Lo è rimasta anche dopo il tremendo incidente in montagna che il 28 giugno 2005 l’ha messa in serio pericolo di vita e le ha fatto perdere l’uso delle gambe. Quando i medici le hanno detto che non sarebbe stata più quella di prima, lei ci ha pensato un po’ su, e poi ha risposto: «Io sarò meglio di prima».

Stefania, come te la passi in isolamento forzato?

«Io abito qui a Rovereto, in via Benacense, e quando ho saputo che non avrei più potuto uscire, come tutti mi sono molto abbattuta, ho anche pianto. Ma poi ho capito che bisognava reagire, e darsi da fare».



Come era il tuo allenamento?

«Due volte in settimana in piscina, e due in una palestra dedicata dove alternavo allenamento e fisioterapia. È stato grazie alla bravura e alla pazienza di chi mi sta intorno, e anche alla mia testardaggine, che ho fatto progressi impensabili. L’incidente era stato davvero brutto, ma il Soccorso alpino e i sanitari sono stati perfetti: comunque ho dovuto stare in rianimazione, mi hanno intubata due volte, e poi ho fatto sei mesi di riabilitazione a Villa Rosa. Mi avevano detto che non avrei più camminato ma, usando il tutore e mantenendomi allenata, ho ripreso a fare sport, anche il monosci, e perfino ad arrampicare».

E adesso?

«Seguo tutte le indicazioni: esco solo una volta in settimana per andare a fare la spesa qui sotto, con guanti e mascherina. Certo, mi piaceva andare in ciclabile, ma con una situazione così critica, proprio non me la sentirei. Come si fa a essere spensierati mentre c’è chi è in ospedale tra la vita e la morte? Io resto a casa, e le risorse per tenermi in forma ci sono: uso qualche peso, e se non ci sono quelli si possono usare le bottiglie, e poi faccio gli esercizi che ho imparato in palestra. So che sono sessioni di allenamento intense, mirate a chi fa arrampicata a livello alto, ma quando le condivido sui social, chi mi conosce mi dice che posso essere d’esempio. E questo mi dà soddisfazione».

Non soffri di solitudine?

«Sono anni che voglio cavarmela da sola. E adesso, è ovvio che mi manca il rapporto umano, ma l’altra sera sono uscita sul mio balcone, era buio e silenzioso e c’era vento. Ho chiuso gli occhi e mi sono sentita come se fossi in mezzo ad un bosco, come se fossi stata in montagna, verso il Becco di Ceriola. È stato bellissimo».

Cosa ti spaventa? E ti rincuora

«Mi fanno paura queste persone che vivono come un dramma il dover stare a casa: bisogna saper reagire. Non è vero che non può più fare sport, il presidente Conte non ci ha mica tolto le gambe! D’altra parte, ho visto gente che ha più tempo, è meno stressata, per certi versi è migliore. E anche alla natura fa bene non averci tra i piedi per un po’: questo virus ci ha insegnato che siamo vulnerabili, e che le nostre decisioni devono essere responsabili».

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