Appoggio a Valduga, ma il Pd si spacca: via gli ex consiglieri ed anche i giovani Dem

di Nicola Guarnieri - NO

Il Pd è morto, viva il Pd. Detta così suona troppo forte ma il maggior partito della città, lunedì sera, si è sgretolato rischiando di archiviare la propria stagione. Ma ha pure giocato la carta del test del marketing politico. Perché il voto del 3 maggio dovrà pure stabilire quanto vale il brand Partito democratico.
Chiariamo subito: il Pd ha scelto di stare con il sindaco uscente Francesco Valduga e con la coalizione «Idea Rovereto 2020» che associa pure Azione, Patt, Upt, Futura, Civici, Popolari, Rovereto al Centro e Rovereto Libera. Sarà quindi lui il candidato di questa parte di centrosinistra autonomista e un po’ civica. E i «dem» ci saranno con il proprio simbolo. Ma, di fatto, rischia di esserci solo con quello. Un modo per contare la forza del partito visto che le colonne portanti - sia i pezzi da novanta che praticamente tutto il movimento giovanile - hanno preso le distanze dal matrimonio forzato, pare dalla segreteria provinciale, con il «nemico» Valduga.
Le elezioni comunali, insomma, non saranno affatto una gara tranquilla. Come non lo è stata l’assemblea dell’altra sera dove sono volate carte e frasi forti. Sotto accusa, principalmente, l’imposizione di Carlo Fait e Lucia Maestri. Che da sei mesi lavorano al progetto «Idea Rovereto 2020» con il primo cittadino in carica alla guida. Ma, contestano i «dissidenti», non c’è nemmeno un programma condiviso e la scelta è stata imposta per contrastare l’avanzata della Lega. «È questo il vero problema. - sbotta Luisa Filippi - Non c’è un programma condiviso ma solo il nemico comune da combattere. Così non si va da nessuna parte. Noi abbiamo provato in tutti i modi a tenere insieme i pezzi, a coinvolgere anche Leu, Verdi e i Civici ma non siamo stati ascoltati. Volevamo che il Pd fosse alternativo a se stesso e non succube».
I consiglieri comunali - che cinicamente sono intercettatori di voti - si chiamano comunque fuori: «Non ci saremo, non saremo nella lista del Pd. È stato mandato un brutto messaggio alla città».
Sulla possibilità di una lista alternativa che corra da sola per ora si prende tempo. «Non volevamo preparare un concorrente ma tenere tutti insieme. Certo non con Valduga che in questi cinque anni non ci ha mai ascoltato nonostante non fossimo oppositori duri. Come si fa ad appoggiarlo? Su una civica di centrosinistra, comunque, non si può mai dire ma non dipenderà da noi se nascerà un progetto alternativo. Di sicuro non faremo campagna elettorale per il Pd».
Il candidato Francesco Valduga, in sintesi, si presenta camminando sui cocci dei «dem». Che hanno perso pezzi importanti della propria struttura e, come detto, perfino i giovani. Era stato Andrea Miorandi, dieci anni fa, a svecchiare il partito portando in dote una buona quantità di ragazzi pronti a spendersi per la politica e la città. E quelle forze nuove hanno abbandonato la nave perché inascoltate.
«Il Pd esce in frantumi», concorda il gruppo consiliare e, come detto, si andrà alla conta il 3 maggio per conoscere, manco fosse un sondaggio, il peso e l’attrattività del simbolo.
Il grande centrosinistra, insomma, parte malissimo con la campagna elettorale. Tantopiù che un altro polo di sinistra si è già costituito e ha messo insieme Verdi, Leu e altri civici sotto la bandiera di «Rinascita Rovereto» con candidata sindaco Gloria Canestrini.
Tornando in casa Pd, quasi metà dei partecipanti all’ultima riunione ha abbandonato la sala, preferendo andarsene piuttosto che restare sotto il diktat delle segreterie. Alla fine, infatti, hanno votato in 43 con 27 favorevoli a correre con Valduga, 13 contrari, 2 astenuti ed 1 che alla fine ha scelto di non partecipare al voto.
L’addio del gruppo consiliare - con Fabrizio Gerola che ha annunciato di prendersi una pausa - lascia ovviamente aperta una porta, quella della paventata lista civica. A spingere forte su questa linea è Paolo Farinati, già assessore di Guglielmo Valduga, che sta stimolando i consiglieri «dem» e i dissidenti valdughiani a sostenerlo in un terzo polo di centrosinistra. Prima di formalizzare l’eventuale nuovo aspirante sindaco, però, c’è da sbollire la rabbia per come è nata la «love story» tra il Pd e Francesco Valduga, con i democratici usciti con le ossa rotte dal confronto interno anche se, per il segretario Fait, è stato «un grande esercizio di democrazia interna al partito».

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