Gli occhiali «da ubriaco» dei vigili per insegnare ai ragazzi a non bere li abbiamo provati per noi

di Luisa Pizzini

La cronaca di questi primi giorni dell’anno ci ha ricordato brutalmente quanto è pericoloso mettersi al volante dopo aver bevuto. Ma anche se pedaliamo in sella ad una bicicletta il rischio è alto e perfino da pedoni, perché l’alcol nel sangue modifica la percezione della realtà e di conseguenza anche dei pericoli.

La tragedia di Lutago, in Alto Adige, dove un giovane uomo ha investito una ventina di pedoni stroncando la vita di sette ragazzi è ancora nei nostri occhi. E la speranza è che resti a lungo ben impressa nella mente perché sia da monito per chi si mette in strada. Purtroppo però, se non abbiamo toccato con mano la pericolosità di situazioni come queste, si rischia di dimenticare in fretta.

E allora è il caso di provare realmente cosa significa affrontare la strada dopo aver bevuto alcolici o assunto droghe, ma farlo sempre in sicurezza. È quello che si sono «inventati» gli agenti della polizia locale di Rovereto, valli del Leno e alta Vallagarina. L’ispettore Katia Bortolami, che coordina il gruppo di sette vigili che si occupa anche di educazione stradale, ha proposto l’acquisto di alcuni visori molto particolari, che simulano la guida in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti.

Sono fatti come una maschera da sci ma le lenti sono realizzate in modo tale da far percepire a chi li indossa come può vedere una persona che ha bevuto troppo o che sotto l’effetto di droge.
Li abbiamo provati. La prima sensazione, la più forte appena si indossa la maschera, è il netto restringimento del campo visivo. È difficile in quelle condizioni orientarsi perfino in una stanza, figuriamoci se mi trovassi per strada. Magari di notte.

La prova pratica consiste nell’affrontare un piccolo percorso a curve disegnato su un tappeto: è la riproduzione di una strada delimitata da alcuni birilli e contornata da un’area verde. Sembra una pista per le macchinine. Vista con gli «occhi» di una persona ubriaca (due visori hanno la possibilità di far sperimentare con un grado di alcol medio ed uno elevato) diventa improvvisamente un dedalo di piste che non si riescono a mettere a fuoco. Sembrano muoversi. Dopo pochi passi mossi con cautela cade il primo birillo: «E quello dov’era?», vien da chiedersi, mentre si rischia d’inciampare.
Proseguendo con la postura del Gobbo di Notre Dame per cercare di individuare il percorso, mi sembra di aver preso confidenza con quelle condizioni. Vado più spavalda. Ma è sufficiente alzare gli occhi e provare a prendere al volo una pallina che mi viene lanciata dal vigile per tornare ad essere disorientata. Perdo l’equilibrio. Mi serve tutta l’attenzione di cui sono capace per non cadere ed andare avanti.

Mi guardo intorno e tutto sembra distorto. Provo ad infilare una piccola chiave nel lucchetto per simulare l’apertura della macchina e mi rendo conto che ci riesco solo grazie al tatto e all’esperienza maturata quando aprivo la porta di casa al buio per non svegliare il resto della famiglia.
Ripeto la prova con i visori che riproducono le condizioni della vista dopo aver assunto droga. Sono diversi da quelli indossati prima: mi sembra che il campo visivo non sia più così ristretto, ma la percezione di ciò che ho intorno è sicuramente altrettanto distorta. E finché cammino come un bradipo va tutto abbastanza bene, ma se aumento la velocità urto i birilli e non capisco bene dove mi trovo.
Sto indossando semplicemente una maschera. Appena la tolgo la realtà che ho intorno torna normale, ma rifletto sul fatto che quelle lenti effetto alcol ed effetto droga incidono sono sulla vista. Ma da ubriachi gli effetti sono amplificati magari dalla nausea, dalla perdita di inibizione ed anche del senso della realtà. Tra l’altro il percorso l’ho provato a piedi ed in un ambiente protetto, se avessi dovuto fare la stessa cosa in sella ad una bicicletta o al volante di un’auto il rischio sarebbe stato molto più elevato. Per me e per gli altri.

Queste condizioni i vigili ora li vogliono far sperimentare in prima persona ai ragazzi nelle scuole. «A cominciare dalla seconda media, con l’intento di fare davvero prevenzione con loro che magari a quell’età sono spinti dalla curiosità di provare l’effetto che fa» spiega Katia Bortolamedi. «E poi alle superiori, su richiesta». «Anche perché - continua il collega Davide Murari - è dalle nuove generazioni che parte l’educazione degli adulti. Dai figli che raccontano in famiglia».
Ma i visori per la guida in stato d’ebbrezza e sotto effetto di droga saranno a disposizione anche dei Comuni che vorranno organizzare serate pubbliche o di occasioni come la Giornata della sicurezza in cui si organizzano iniziative di questo tipo legate alla prevenzione.

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