Querela l'amico per il furto di un rolex Ma finisce nei guai per i festini hard svelati

È entrato in tribunale come parte lesa, in un banale processo per furto. Ne è uscito ieri senza alcun risarcimento e con un problema ben più grave da risolvere: il giudice ha rinviato gli atti al pm, per lui e per l’imputato, per il reato di favoreggiamento della prostituzione. A dimostrazione che un’indagine si sa sempre come parte ma mai fin dove può arrivare. E in questa vicenda gli ingredienti per scavare c’erano tutti. Un Rolex sparito e una difesa intrigante, con ingredienti come festini hard in centro città. Il risultato, come detto, è che nei guai sono finiti tutti. E il Rolex non è comunque saltato fuori.


La vicenda risale al periodo dal 25 al 27 marzo 2017. Tutto parte, come detto, da una querela: un roveretano ha denunciato un conoscente, dicendo che questi gli aveva rubato un Rolex: dubbi non ne aveva, perché dal 25 al 27 marzo, ha detto, l’aveva ospitato in casa. E alla fine di quei due giorni, l’orologio era sparito. Impossibile fosse stato qualcun altro.


La procura deve aver pensato che era un caso banale. Il fascicolo è filato via spedito ed è approdato davanti al giudice Fabio Peloso. Doveva essere una cosa rapida. Non è andata così.


È andata che fin dal primo giorno di processo (e di udienze ce ne sono state tre) la faccenda si è fatta più interessante. Perché la tesi difensiva era di quelle che fanno rumore. L’imputato non aveva preso quel Rolex - si è sostenuto - e se quell’orologio era sparito, i sospetti potevano ricadere su parecchie persone. Perché in quelle giornate, in quella casa, assieme all’imputato e al proprietario c’era parecchia altra gente. E fin da subito si è capito che, secondo la difesa, non si trattava di un circolo del libro. L’ombra del pecoreccio aleggiava fin dall’escussione del primo teste. Ma era tutto un non detto, condito dall’imbarazzo generale. Con testimoni che raccontavano di essere passati per un caffè e di aver lasciato dei soldi per le spese. Quanti, l’ha detto la difesa: tra 100 e 150 euro a testa. I limiti al dibattimento erano ferrei, si parlava pur sempre di furto, il giudice non voleva si uscisse dal seminato, la parte lesa sosteneva che alla fine della festa il Rolex c’era ancora, quindi cosa si era fatto in quella casa e con chi, non aveva nulla a che fare con il furto. Ma la difesa ha insistito: il contesto in cui quell’orologio è sparito era determinante.


Poi, qualche settimana fa, è arrivato il carico: la difesa ha chiesto di depositare la trascrizione di una chat Whatsapp tra l’imputato e un testimone, in cui il riferimento al sesso a pagamento, in quella casa e in quei giorni, era esplicito. Su quella chat si è discusso, in aula: il giudice non l’ha ammessa, facendo intendere che il furto e l’eventuale festa a luci rosse non erano collegati. La difesa si è impuntata, osservando che la prova di eventuali festini hard avrebbe avuto ripercussioni sulla credibilità della parte lesa. E l’udienza è stata rinviata a ieri mattina.


Il gran finale, ieri, di quelli che non ti aspetti. La parte lesa ha rimesso la querela per furto, il giudice ha quindi prosciolto l’imputato. Ma ormai era tardi per limitare i danni. Il giudice ha preso atto del dibattimento. E ha rinviato gli atti alla procura perché valuti la sussistenza del favoreggiamento della prostituzione per tutti: imputato, parte lesa ed eventuali persone terze coinvolte.
Doveva essere solo un banale furto, il rischio (valuterà il pm) è che in aula, tra qualche mese, approdi tutta un’altra storia. Un po’ meno banale.

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