Caccia alle immissioni di sostanze nell'aria di Rovereto

di Matthias Pfaender

Nella lotta alla puzza dalla zona industriale tanto è stato fatto dall'attuale amministrazione Valduga. Come mai nessuna giunta prima.

Uno: prima di tutto il pressing politico su Piazza Dante per l'adozione di una normativa provinciale che ponesse finalmente un tetto per le fabbriche all'intensità delle emissioni odorigene (riportando il «virtuoso» Trentino a livello delle confinanti regioni non autonome Lombardia e Veneto, che una normativa ad hoc la avevano da anni). Due: l'acquisizione di strumentazioni all'avanguardia per 400mila euro (il cosiddetto «naso elettronico») per monitorare l'aria e individuare con rigore scientifico le cause del fetore. Tre (diretta conseguenza del punto due): il successo politico di vedere uno dei principali produttori di puzza, la Sandoz, investire circa un milione e mezzo di euro per dotarsi di impianti di abbattimento odori, provvedimento che, dal marzo scorso in avanti, ha fatto crollare le segnalazioni di odori molesti.

Ma la partita è lontana dall'essere vinta. Le segnalazioni da Lizzana (e pure dal resto della città quando le condizioni microclimatiche accentuano l'intensità e l'estensione territoriale dei miasmi) infatti continuano, anche se molto meno frequenti degli anni «caldi». Ma basta un solo giorno di nausea dovuta alla puzza per cancellare il ricordo di mesi con aria «pura».

Le segnalazioni continuano, dunque. E l'azione di contrasto da parte del Comune alle lavorazioni industriali causa di emissioni odorigene si trova, a distanza di un anno e mezzo dall'inizio dell'attività, solo a metà strada. O anche meno. Il dato è contenuto nel rapporto «Monitoraggio della molestia odorigena in zona industriale a Rovereto da maggio 2016 a settembre 2017» consegnato all'amministrazione da parte del Museo civico, che ha materialmente condotto le rilevazioni. Nel dossier, oltre a fare il punto dell'attività di controllo e delineare le linee guida dell'attività futura, gli esperti del Civico scrivono che «alcune segnalazioni di molestia (da parte dei cittadini, ndr ) relative a zone distanti rispetto alla centralina di misura Per3Meteo («naso elettronico», ndr ) sono incongruenti con i dati disponibili, strumentali e non. Il che porterebbe a supporre la presenza di altre fonti di molestia diverse rispetto a quelle finora considerate». Ergo: ci sono altre fonti di odori molesti al momento sconosciute.

Ma l'individuazione delle nuove attività industriali causa di emissioni sarà solo una parte ulteriore del lavoro che ricadrà dal 2018 in avanti sulle spalle degli scienziati del Civico, che avranno il loro bel da fare per completare il piano di azione condiviso a monte del progetto «naso elettronico». Al momento di pianificare come portare in strada la nuova strumentazione, nell'inverno di due anni fa, si decise infatti tra Civico e Ufficio Ambiente di concentrare i campionamenti in sei «siti di interesse»: Sandoz Spa, discarica Lavini, Aquaspace, depuratore di Rovereto, impianto Pasina, Europoligrafico.

Ad oggi sono state messe sotto la lente solo le sorgenti Sandoz (deposito fanghi secchi, deposito fanghi umidi, filtro humus), Aquaspace (aria in uscita dal sistema abbattimento odori, vasca nitro, sedimentatore, interno magazzino di trattamento chimico, deposito fanghi secchi), dicarica Lavini (container umido, vagliatura e trituratura, differenziata plastica, tritume, ramaglie, cumulo plastiche in zona ingresso). Devono ancora iniziare quindi le rilevazioni al depuratore, alla Pasina e all'Europoligrafico.

Staremo a vedere quanti altri stabilimenti saranno quindi da iscrivere ulteriormente all'elenco dei «cattivi». Perché che la causa dei miasmi sia da attribuirsi ad attività industriali è finalmente certo. Di nuovo, se ne trova conferma documentale nel report: «Nei periodi in cui il naso elettronico ha lavorato in continuo l'intensità relativa di odore mostra spesso degli aumenti che interessano finestre temporali non trascurabili: al mattino tra le 7 e le 9, al pomeriggio tra le 13 e le 17.

Situazioni che seppur caratterizzate da intensità relativa di odore possono provocare molestia per la persistenza dell'odore stesso (...). In generale permane una situazione, commentata ancora nel 2016, per cui gli odori molesti rilevati dalla strumentazione e segnalati dai cittadini (i "nasi umani" più volte citati nel rapporto, ndr ) tendono a ripetersi agli stessi orari secondo una certa ciclicità».

Non è tanto quindi l'intensità elevata di singole «zaffate» a dare maggiormente fastidio, quanto la persistenza temporale dell'odore: «Negli ultimi mesi di monitoraggio (maggio-settembre 2017) dal confronto fra i dati strumentali e i dati dei segnalatori risulta che, normalmente, non sono tanto le zaffate a provocare molestia ma proprio le condizioni di persistenza dell'odore seppur non particolarmente intenso».

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