Progetto per trasformare in metano i pannolini usati

di Nicola Guarnieri

Il rifiuto più indigesto, quello che satura le discariche, è il pannolino. Non solo quello dei bimbi - che di suo produce 800 tonnellate all’anno di scarti - ma anche quello degli anziani e gli assorbenti in genere. Stando ai numeri riferiti al Trentino, si tratta di 15 mila tonnellate di immondizia che nessuno recupera.

E che, quando il prossimo anno i Lavini chiuderanno per esaurimento, dovranno necessariamente prendere la strada di Bolzano per essere inceneriti.

La soluzione a questa montagna di «monnezza» che somma plastica, cellulosa e organico molesto potrebbe arrivare da Rovereto. Anzi, da Progetto Manifattura dove una start-up ha studiato e brevettato un sistema che consentirà di liberarci in maniera proficua dei pannolini ed affini.

Grazie ad un impianto innovativo al Navicello, infatti, questo residuo sarà trasformato in metano e, dunque, in energia.

Il progetto Exodus è stato sviluppato dalla società Physis di quattro trentenni lagarini: Michele Brida e Nicola Belli di Rovereto, Alessio Feller di Nomi ed Isacco Corradi di Lavarone (che è pure il sindaco del paese degli Altipiani Cimbri). E non è certo un embrione ma un piano consolidato che sfrutta tecnologia altrettanto consolidata e che sta stuzzicando in maniera concreta tanto il Comune che la Provincia. Ma anche all’estero c’è interesse, visto che Russia e Qatar, solo per citarne due, ammiccano decisi ad Exodus ma con la variante che è allo studio in questo 2017: produrre dai pannolini bioplastica anziché biogas. Ma questo, come detto, è un altro discorso ancora in fase di ricerca ancorché avanzata. Quello che conta, nell’immediato, è smaltire gli assorbenti, una tutela ambientale legata a filo doppio al business.

L’impianto sarà realizzato in partnership (il costo stimato è tra 800 mila e 1 milione di euro) e potrebbe essere realizzato accanto al biodigestore del Navicello. Oltre a creare occupazione («che sarebbe di parecchie unità in caso di conversione futura in produzione di bioplastica», aggiunge Brida) e salvare la discarica abbatterebbe il prezzo di smaltimento. Adesso, per conferire nei centri di raccolta i pannolini si spendono 160 euro a tonnellata. Trasformarli in metano, invece, produrrebbero energia e dunque guadagno. E non è poco.

Il progetto Exodus (richiesto a gran voce dai governi di Egitto, Tunisia, Qatar, Russia, Algeria e Austria, «soprattutto la Zillertal in Tirolo che ha insistito per realizzare lì il primo impianto ma noi vorremmo cominciare a Rovereto») è frutto di due anni di lavoro di quattro giovani lagarini «incubati» all’ex Manifattura.
E sostenuti dai laboratori della facoltà di biotecnologia dell’università di Verona. «Ma gli investimenti sono tutti privati, nostri. Ora, tra l’altro, non siamo più una start-up ma una società a tutti gli effetti in cerca, ovviamente, di capitali».

Con il sistema modulare di Physys, dunque, pannolini e pannoloni («prodotti» da bebè e anziani) vengono trasformati in una sorta di purea che poi finisce nei biodigestori o comunque negli impianti di digestione anaerobica, quelli che trattano rifiuti organici.
Ammassarli tutti, però, non è piacevole per l’olfatto. «Lo sappiamo. - spiega Brida - E infatti la Provincia ha insistito molto sulla questione puzza. L’impianto che abbiamo progettato, però, viene inserito in un capannone a pressione negativa proprio per evitare la dispersione degli odori. E tra l’altro è in grado di smaltire anche il residuo speciale, specie quello dei pannoloni per pazienti anziani con patologie particolari che rilasciano nell’organico un carico batteriologico non indifferente».

Questo rifiuto, tecnicamente, si chiama Psa e riguarda tutti gli assorbenti in genere.

«Lo smaltimento dei prodotti sanitari assorbenti, che raggruppa pannoloni per bambini e adulti, e gli assorbenti è un problema. I pannolini lavabili restano un prodotto di nicchia e hanno un impatto ambientale quasi pari all’usa e getta, considerando i lavaggi e la produzione. Gli impianti di smaltimento specifici sono costosi e non hanno avuto successo. Attualmente finiscono in inceneritori o in discarica con impianto ambientale negativo».

In tutta Italia, per capirci, si parla di 1 milione di tonnellate inviate per il 22% negli inceneritori e per il 78% proprio nelle discariche. Che, almeno in Trentino, sono ormai a fine corsa.

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