Volete vivere da soli? Ecco le case in comune La Provincia cerca 50 giovani tra i 18 e i 29 anni

L'iniziativa con i soldi risparmiati dai vitalizi

Cohousing. Coabitare, ovvero vivere sotto lo stesso tetto condividendo alcuni servizi. Il concetto è questo e lo stile di vita che lo caratterizza è nato in Danimarca negli anni Settanta. In Italia è approdato da qualche anno ma a Rovereto il cohousing dovrebbe sbarcare quest’anno per permette ad un gruppo di giovani di conquistare l’indipendenza andando a vivere da soli e cominciare a disegnare il proprio futuro da persone adulte. E la notizia che aggiunge valore all’iniziativa è il fatto che l’esperienza verrà sostenuta dai soldi che sono stati risparmiati dai vitalizi regionali.

Il bando che verrà approvato dalla Giunta provinciale il mese prossimo sarà rivolto ai giovani dai 18 ai 29 anni residenti in Trentino da almeno tre anni e che in questo lasso di tempo hanno vissuto con la propria famiglia e non hanno avuto esperienze lavorative continuative. Inoltre non devono essere iscritti all’università o ad altri percorsi di studio, a meno che non si tratti di corsi serali. I requisiti si rifanno all’esperienza sperimentale che era stata proposta nel capoluogo dalla primavera del 2013 dall’Agenzia per la famiglia. Potranno subire qualche accorgimento, ma in linea di massima saranno questi perché delineano la fascia di giovani ai quali si rivolge il progetto. Per i primi dodici di loro si è rivelata un successo.

«Nessuno è tornato a vivere con mamma e papà, ciascuno ha trovato la sua strada» spiega il dirigente dell’agenzia che fa capo alla Provincia, Luciano Malfer. «Quello che verrà proposto il mese prossimo, dopo l’approvazione da parte della giunta provinciale, è un bando per cinquanta ragazzi trentini. A seconda di chi risponderà all’appello poi verranno formulate le esperienze di cohousing, che sono state pensate per favorire il processo di transizione all’età adulta delle giovani generazioni. Se, per ipotesi, i cinquanta ragazzi fossero tutti di Rovereto è lì che individueremo gli alloggi per far partire il progetto. E devo dire che ci teniamo molto a far partire quest’esperienza proprio nella città della quercia, perché qui si possono generare una serie di servizi».

Un primo alloggio è già stato individuato grazie alla disponibilità della parrocchia di San Marco, proprietaria di un appartamento sopra l’oratorio Rosmini. Gli stessi spazi hanno già ospitato progetti della Comunità Murialdo e, attualmente, sono la casa di sedici rifugiati che hanno vissuto insieme nell’ultimo anno e che ora affronteranno altre forme d’integrazione. Quell’appartamento, ampio e funzionale, potrà diventare la casa di un gruppo di ragazzi che, non potendolo fare con i propri mezzi, cerca aiuto per costruire il proprio domani. «È un modo per offrire una mano a questi ragazzi a costruire il progetto di vita, un progetto di autonomia - continua Malfer -. Ci sarà un educatore come loro punto di riferimento, ma non sarà un assistente sociale. Questi ragazzi vanno spronati, si prenderanno un preciso impegno e saranno chiamati a garantire dei servizi per la comunità in cambio di questa opportunità. Ad esempio proponendo il servizio di aiuto compiti e dopo- scuola. Magari inseriremo la possibilità di fare il servizio civile in questo periodo». I risultati del primo bando sono incoraggianti: dei dodici ragazzi che hanno partecipato nessuno è tornato a casa. «E per questa seconda possibilità - conclude Malfer - speriamo non soltanto di avere richiesta a sufficienza, ma di avere una lista d’attesa di almeno cento ragazzi».

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